Quando le strade non erano ancora asfaltate, alla borgata della Vilò a fianco di ogni viottolo, viuzza o piazzetta cresceva una bella erbetta fina, talmente rasata da formare un bel tappeto compatto.
Nel mese di maggio, dappertutto alla Vilò come in tutto il villaggio, appena dopo il sonnellino pomeridiano o la sera prima di cena… risuonava nell'aria un suono ritmato, tin tin tin. Non un colpo lontano dall'altro, proveniva da tutte le parti sopra e sotto tin tin tin… E' il suono che si produce facendo il filo alla falce! Allora tutti usavano le falci.
A Sant'Anna Fila posava il suo sacco di tela all'ombra della tettoia, su questa erbetta soffice a fianco della piazza, piantava ben infissa nel terreno la sua martelliera e poi le si sedeva quasi a cavalcioni lasciandola in mezzo alle gambe tenute larghe.
Sistemata la seduta e staccata la falce dal legno la prendeva in mano, la controllava bene, prima da un lato poi dall'altro quindi posava il taglio con precisione sull'attrezzo tra le gambe, impugnava il pesante martello e tin tin tin iniziava il suo lavoro.
Aldo appena pochi metri più in basso lo imitava, più in là anche Felice batteva il filo della sua falce. Un buon falciatore si riconosce dalla capacità nell'effettuare questo lavoro, tutti i prati erano rasati dalle falci.
Il Nonno per un prato alla Mulattiera utilizzava undici falciatori, tutti in fila per il ripido pendio, doveva essere un grande spettacolo! Mi ha insegnato lui ad usare la falce, mi ricordava sempre che lui non era un bravo falciatore, diceva – ricordati che c'è chi zappa e chi taglia, tu devi imparare a tagliare, non con la forza ma con la tecnica.- ho iniziato con una falce piccola, il legno corto ed ho cominciato a far cadere l'erba.
Bisogna conoscere la falce ma altrettanto bene bisogna comprendere il tipo di erba. Piedi larghi, sinistro un po' arretrato e con le braccia leggermente aperte impugni la falce per i suoi manici; il braccio destro funge da perno, mentre il sinistro formando un semicerchio con la falce tira indietro, i piedi sono fermi, mentre le spalle seguono il movimento della falce e girano con il tronco a sinistra. Capito questo, è fatta! sei capace a falciare, ma difficilmente farai cadere l'erba.
Come in tutte le cose bisogna dare tempo, osservare gli anziani e pian piano ho imparato anch'io. Nella regione Ariosa avevamo un grande prato, Nonno tagliava la linea di confine e dopo la prima andana mi posizionava davanti a lui sul pendio, non dovevi sbagliare e non ti potevi fermare, a meno di chiederlo!
Dietro alle gambe frap frap si sentivano i movimenti precisi del nonno, allora via fino in fondo e poi di nuovo e poi di nuovo per tutto il giorno. Ricordo lo spettacolo di tutte le andane precise che disegnavano il terreno, poi questo disegno si rompeva e si allargava l'erba per farla seccare. Attrezzo indispensabile del falciatore è il portacote, ne ho collezionati molti, c'e n'erano di legno intagliati, di corno, di lamiera e bisognava sempre trovare dell'acqua per riempirli, non troppo sennò si lavorava tutto il giorno con il fondoschiena bagnato.
La cote è una pietra che serve, sfregata con metodo sulla falce a mantenerne il filo è inserita nel portacote appeso alla cintura. Sento ancora adesso il suono della cote che ad ogni paso ritmato del falciatore batte sul legno.
Nel pianoro di Pra Piano era un piacere usare la falce, il terreno praticamente liscio ti faceva divertire, Dolfo era sempre il primo iniziava sempre lui la stagione, eseguiva il taglio di confine perfetto, senza misurazioni faceva un taglio netto senza mai sbagliare.
Dolfo tastava il filo con l'unghia del pollice – questa è erba cattiva, bisognare battere!- diceva. Mi ricordo l'unghia di Dolfo, unghie sicuramente mai tagliate, le accorciava la roccia, la montagna, allora sì che le unghie erano utili, erano indispensabili per tagliare, graffiare, rompere erano vitali nell'eterno rapporto di odio ed amore per sopravvivere su queste montagne!
Più tardi poi sono comparse le prime falciatrici, nonno ha comprato l'Agria, quando l'hanno consegnata e provata c'era mezzo paese a godersi lo spettacolo, faceva tanto fumo e tanto rumore ma tagliava ed anche in fretta. Non bene come la falce, molti erano scettici – No! No! Non taglia bene, non rasa il terreno. – ma col tempo l'hanno comprata tutti; ora la falce serviva solo più per le rifiniture per pulire i confini, i contorni delle piante o i pezzi più ripidi.
Ma i prati erano ancora belli e completamente puliti. Ora abbiamo potenti trattori con frese, dischi e trincie di ogni tipo ma girano in tondo ed i prati si chiudono sempre di più. Altro che rifiniture di sfalcio, tutti i confini da quadrati diventano circolari, ogni prato ha una cornice di rovi. Nessuno scende dai trattori e guarda i prati, c'è troppa fretta! Probabilmente questo non è ancora il vero problema, sarà allora, quando non avremo più prati ma solo rovi? E cosa diranno Nonno, Dolfo, Aldo e tutti i falciatori che rifinivano fin all'ultimo filo d'erba per la pulizia dei propri prati?