La cerimonia del passaggio del testimone fra i soccorritori del Vajont e i soccorritori di oggi ha chiuso la tre giorni dei Longarone "La Protezione Civile e il Vajont. Prevenzione, soccorso, memoria”. Dopo la prima giornata dedicata alla prevenzione con il convegno sul tema delle Acque, la seconda al soccorso con l'Esercitazione Nord Est, domenica 15 è stato il giorno della Memoria, il giorno del ricordo. Nessuno qui ha mai dimenticato, ma si è deciso di commemorare le 1910 vittime ringraziando chi allora è giunto a Longarone per aiutare. La giornata è iniziata con l'arrivo delle autorità che hanno sfilato insieme a tutti i volontari e i rappresentanti delle diverse associazioni.
Il Sindaco di Longarone Roberto Padrin ha dato il benvenuto al Ministro del Territorio e dell'Ambiente Orlando, al Governatore della Regione Veneto Luca Zaia e alla Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e al Capo Dipartimento della Protezione Civile nazionale Franco Gabrielli.
Il corteo è partito da davanti al Municipio di Longarone ed è arrivato fino al Palazzetto dello Sport dove, alla presenza di 5000 persone, si è tenuta la Santa Messa all'insegna delle parole “solidarietà” e “aiuto”. Valori che le generazioni future, seguendo l'esempio dei 10.000 soccorritori del Vajont, devono continuare a portare avanti.
Dopo la Santa Messa, il Sindaco Roberto Padrin ha preso la parola: «Nessuno può riuscire a elaborare pur con tutta la profondità della propria riflessione una vicenda quale quella vissuta da queste popolazioni perché le cicatrici della tragedia sono rimaste impresse e palpabili nel cuore e nell'anima delle persone che l'hanno subita, ma anche di quanti ne siano venuti a contatto per altre ragioni. Sono consapevole che le parole non possono alleviare la sofferenza e nemmeno misurarsi con la profondità del senso di riconoscenza e gratitudine che desideriamo esprimere a chi con coraggio e umanità ha soccorso le nostre popolazioni. Questa è l'occasione per rinnovare ancora una volta la nostra gratitudine verso tutti coloro che in quei giorni giunsero a Longarone armati di vanghe e picconi, ma soprattutto con grande cuore».
Poi è salito sul palco il Capo Dipartimento della Protezione Civile Franco Gabrielli che ha vissuto in prima persona questa tre giorni di Longarone e, toccato da questa esperienza, ha paragonato la Protezione Civile a un albero le cui radici sono ben profonde e resistono oggi, ma resisteranno in futuro perché le hanno create i volontari del Vajont 50 anni fa. Le radici della Protezione Civile sono quelle persone che arrivarono allora e rimasero ad aiutare. Il passaggio più toccante dell’intervento è stata la conclusione. «Mi permetto – ha annunciato Gabrielli – di fare una considerazione personale: ho visto questi luoghi, ho visto il sacrario, ho toccato la vastità e l'inumanità di questa tragedia. Ho parlato con le persone e ho percepito come la ferita sia ancora aperta. È una rabbia sorda, un lutto che non è stato ancora elaborato. Non si è avuto la forza per farlo oppure, forse, nessun ha aiutato a elaborare. Io credo sia arrivato il momento di chiedere scusa. Scusa dei silenzi prima e dei ritardi dopo». Gabrielli ha poi proseguito fra gli applausi e la commozione di molti dei presenti «Io nel mio piccolo rappresento un pezzo di Stato la cui "mission" è la cura e la salvaguardia delle persone, per questo oggi vi chiedo scusa. E queste mie scuse vogliono essere un atto di pacificazione con un territorio che ha ancora bisogno di andare avanti senza dimenticare».
Anche il Ministro Andrea Orlando ha voluto rendere omaggio alla Protezione Civile e ai volontari, a quello che lui ha definito "l'esercito di pace". «Voi siete l'orgoglio d'Italia – ha esordito il Ministro – siete un esercito di pace che fa conoscere il nostro Paese nel mondo. È difficile trattenere l'emozione. Tante parole si sono sovrapposte in questi 50 anni. Mi sento in debito di non essere mai venuto prima, non come Ministro certo, ma come cittadino italiano perché luoghi come questo dovrebbero essere tappe di un pellegrinaggio per la costruzione della propria coscienza nazionale, possiamo anche chiamarla religione civile. Oggi rappresento la Repubblica e sento la responsabilità di colpe che non possono essere dimenticate».
Il Ministro ha poi proseguito ammettendo le responsabilità dello Stato: «Ci sono momenti in cui lo Stato, che ora qui rappresento, deve chiedere scusa. Scusa per ogni volta che non sa dire “ci sono”. Scusa per una verità giunta troppo tardi, con troppi tentativi di nasconderla. La causa della tragedia del Vajont non fu l'incuria, fu l'uomo e le sue colpe. Da qui bisogna ripartire».
Il Ministro ha poi lanciato un allarme: «Ora in Italia ci sono 5581 comuni in aree a rischio idrogeologico. C'è il rischio per le vite umane. È inutile progettare se ciò che c'è continua a franare. Manca la pianificazione consapevole. Mancano le risorse si dice senza rendersi conto che costa molto di più riparare un disastro che prevenirlo. Non occupandoci ora del territorio si crea un debito futuro dai costi incalcolabili. Non si può soltanto piangere è tempo di imparare qualcosa».