L’exploit più interessante a livello alpinistico del 2005 riguarda i volti di “Up Project†un progetto che ci auguriamo tenga vivo nel tempo lo spirito che ha animato questo primo passo nel segno dell’esplorazione e di tanta adrenalina da vertigine. Insomma, mentre nel 2004 l’alpinismo era finito sulle prime pagine come non era mai più accaduto dal 1954 per il K2 di Lacedelli e Compagnoni a fronte di un evento giudicato trascurabile dalla comunità alpinistica benché di grande rilevanza emotivo-simbolica (la ri-conquista della seconda cima del mondo 50 anni dopo), ecco che quest’anno, in sordina, un giovane gruppo di forti scalatori ha compiuto un’impresa significativa.
Le novità non si riducono all’apertura di 5 nuove vie e alla conquista di due montagne in Karakorum, il Peak 5500 e il Peak 6000, (nel nord del Pakistan, tra i Gasherbrum e il Chogolisa), colossi innevati di granito fino a ieri inviolati e senza nome, raggiunti “inventando” percorsi di grande difficoltà (dal 6 al 7c), ma riguardano metodo e stile: silenzioso, leggero, in armonia con l’ambiente, abbinando individualità forti sul misto di ghiaccio e roccia (Luca Maspes) con altre cresciute arrampicando in falesia (Cristian Brenna).
Ne è risultata una complementarietà efficace che potrebbe preludere a più grandi imprese.
Forse che all’alpinista classico, polivalente e dalla grande tempra, se ne sta affiancando uno “tipo” nuovo? Certo è che il gruppo in questione, completato da Hervè Barmasse, Gianluca Bellin, Francesca Chenal, Ezio Marlier, Giovanni Ongaro, Giovanni Pagnoncelli e Fabio Salini ha vinto la prima scommessa, anche grazie al sostegno organizzativo di Agostino Da Polenza che, dopo un confronto a tratti aspro con i ragazzi riguardo al senso di spedizioni pachidermiche come quella di K2 2004, ha voluto credere in loro dimostrando anche che, questi due universi del verticale, possono coesistere senza crociate.
Dalla pagina “Montagne”, da “Il giornaleâ€,
pubbl. 21 agosto 2004
a cura di Lorenzo Scandroglio