Quando parliamo del turismo sempre più dobbiamo pensare che si tratta di un mondo “no limits”, in tutti i sensi. Tutto è più o meno “vendibile”: dal totale relax all’avventura più estrema, dalla cultura allo sport. E’ noto che per la domanda qualsiasi luogo è potenzialmente appetibile. Il turismo di montagna, anche quello nostro, sta dentro questo contesto competitivo ed aggressivo.
Tutte le destinazioni di montagna, indipendentemente dalla stagione o dal luogo, sono in concorrenza tra loro. Possiamo dire senza essere smentiti che, a parità di prodotto, la differenza la fa chi è più conosciuto e chi comunica e informa meglio. Per molti giovani la montagna estiva “è noiosa”. E questo è solo uno dei segni di una crisi. C’è una difficoltà dell’estate in montagna che, nel turismo alpino italiano, rappresenta tradizionalmente circa la metà delle presenze totali oltre ad interessare un territorio più ampio rispetto a quello delle settimane bianche.
A parte le montagna “olimpiche”, che “viaggiano” ancora bene, l’immagine complessiva delle Alpi occidentali ha perso non poco “appeal”. E noi ci stiamo in mezzo. Non c’è alternativa al reinventare il turismo in queste aree montane. In una dimensione economica fatta di grandi numeri, l’offerta che siamo in grado di mettere oggi sul mercato è troppo atomizzata per creare dei poli economici efficienti. E per la stessa ragione diventa difficile arrivare sui mercati con una adeguata promozione e commercializzazione.
Lo sapete quanto “pesa” il turismo montano, in Piemonte? 2.066.433 presenze, 67.686 posti letto ( che vengono utilizzati mediamente per 31 giorni). Il VCO è la “terza forza”, dopo le province di Torino e Cuneo. Dettagliando di più (dati 2005) la provincia “azzurra” ha 9.539 posti letto dei quali più di un terzo (3793 ) alberghieri, una media di 294.000 presenze annue, con una incidenza media estiva del 64% e una delle percentuali invernali tra le più basse (circa il 19%).
I margini di crescita, mantenendo un equilibrio tra sviluppo e tutela ambientale, sono però interessanti. Con 100 giorni di stagione ed un 60% di riempimento dei posti letto, cioè con circa 4 milioni di presenze ed una spesa media di 50 euro al giorno, il potenziale fatturato diretto del turismo di montagna in Piemonte sarebbe di circa 200 milioni di euro. Ed una buona fetta “ricadrebbe” sul VCO. Dunque, va gestito il rilancio o lo sviluppo. Sapendo che nei mercati maturi è la domanda a condurre il gioco e che il territorio va inteso come una “comunità produttiva”. Così ci si attrezza, si rafforza una cultura diffusa dell’accoglienza, si affina la capacità di capire le tendenze ed, eventualmente, di anticipare la “concorrenza” con i nuovi prodotti. Bisogna anche lavorare sul “capitale” umano: più formazione, nuove figure professionali, nuova imprenditorialità. E, soprattutto, niente fughe in avanti, attaccando l’anima al chiodo di progetti tanto roboanti quanto improbabili. Innovare, potenziare e “mettere in valore” ciò che c’è sarebbe già molto.