Mancano meno di 100 giorni al Tor des Géants e ancor meno ai trail estivi e s’intensifica la preparazione degli sky runner. Al Tor e agli altri trail e trail ultra lunghi, (cioè a quelle “corse in ambiente naturale che utilizzano al massimo il venti per cento di strada asfaltata”, secondo la definizione dell’associazione internazionale di corsa trail) è stata dedicata una giornata di studio nel corso del 62esimo Trento film festival. Sabato 26 aprile, medici e fisioterapisti di montagna hanno discusso con atleti, allenatori/preparatori e organizzatori. i vari tipi di corsa in montagna sono stati analizzati non solo dal punto di vista della ricerca scientifica, ma anche dando voce ai partecipanti. Quali i contenuti da “portarsi a casa” dal convegno che è stato seguito da un folto pubblico? Federico Schena, fisiologo del Centro di ricerca Sport, Montagna e Salute dell’Università di Verona, ha indicato la strada per la ricerca sulla corsa trail, sport emergente: studiare una strategia di corsa che sia la più efficiente possibile, preservando gli atleti dai danni muscolari e articolari.
Il dato dell’aumentato interesse per questo sport è stato confermato da Renato Jorioz, allenatore di Francesca Canepa e tra gli organizzatori del Tor des Géants, che ha dichiarato: «Come per l’Ultra trail du Mont Blanc, abbiamo assistito a un aumento esponenziale delle domande di iscrizione: quest’anno sono state 2.500 a fronte di 700 posti. Se prima era una gara per eletti, adesso sento sempre di più la richiesta “voglio fare il Tor, cosa devo fare?”». Jorioz ha elencato problemi e incognite legati alla quota, alla posizione geografica e alla variabilità meteorologica, alla lunghezza del percorso, non soltanto quella effettiva, ma anche quella corretta per il dislivello. Tale dato si ottiene aggiungendo un chilometro ogni cento metri di dislivello, per cui il Tor ha una lunghezza corretta di ben 570 km! «Bisogna distinguere tra chi corre per finire il Tor, che deve prepararsi con allenamenti di qualità per evitare danni fisici, e chi corre per vincere – ha concluso Renato Jorioz – Gli atleti di élite hanno bisogno di un supporto personale perché in certi trail si vince per differenze di pochi minuti, se non secondi e come nelle corse automobilistiche, i “pit – stop” per rifocillarsi fanno la differenza».
Il valdostano Lorenzo Visconti e il trentino Rudy Coser, entrambi aderenti al protocollo degli Studi fisioterapici di montagna, hanno presentato alcuni dati raccolti durante l’ultimo Tor des Géants, nella postazione di Donnas, a un terzo circa della gara. Dalle loro osservazioni risulta che il massaggio è efficace sul “dolore muscolare a insorgenza tardiva”, un tipo di dolore che non è attenuato da analgesici e antinfiammatori e insorge da 48 a 72 ore dopo uno sforzo fisico intenso. Il dato li ha spinti a ripetere le ricerche già al recente Tour du Rutor, gara sci alpinistica di tre giorni, e a programmarle per il prossimo Tor.
Un altro argomento di studio è la scarsità delle ore di sonno degli atleti che partecipano al Tor: durante l’intera gara dormono in media dieci ore, ma ciò nonostante il livello di attenzione non peggiora e dopo la gara migliorano le funzioni cognitive ed emozionali. Questo è quanto è emerso da osservazioni eseguite al Tor 2013 da Lorenza Pratali e altri ricercatori del Cnr di Pisa. Certo il Tor non fa bene a tutti: ben il 55% circa dei concorrenti si ritira, lo scorso anno su 706 concorrenti, 12 hanno riportato traumi gravi (uno mortale) e 45 hanno dovuto ricorrere al ricovero ospedaliero: gravi danni muscolari e ipotermia sono state le patologie più frequenti secondo i dati presentati da Guido Giardini, neurologo, responsabile dell’ambulatorio di medicina di montagna dell’Ausl Valle d’Aosta e presidente della Società Italiana di Medicina di Montagna.
Gli atleti Antonella Confortola, fondista azzurra e trailer, Stefano Sartori, vicecampione mondiale di sky marathon nel 1998 e finisher al Tor, Marco Facchinelli, campione di vertical kilometro, hanno infine parlato di se stessi, dei loro allenamenti, per tutti quotidiani, spesso con sedute doppie, degli infortuni, dell’alimentazione personalizzata, ma per lo più fatta di cibi appetibili e familiari. Ci sono differenze tra i sessi con possibili svantaggi e vantaggi a seconda del tipo di gara, ma il problema principale sembra la mancanza di scarpe, zainetti e abbigliamento di alta qualità per le donne, ancora troppo poche per stuzzicare le ditte a studiare e produrre certi tipi di calzature nei numeri piccoli o zainetti conformati. Si è parlato del superamento dei propri limiti e di prestazioni in continuo miglioramento, frutto di preparazione minuziosa fisica e mentale e di quanto in definitiva sia importante sentire i propri ritmi e il proprio respiro.