Julius Studer (1839-1920), discendente di un’antica famiglia patrizia di Winterthur, era figlio di Hans Kaspar, noto litografo e fondatore di un atelier di rilegature. Cappellano dell’Ospedale di Zurigo dal 1870 al 1895, esponente del Club Alpino Svizzero e della Società degli Antiquari di Zurigo, J.S. si dedicò particolarmente a studi storici e filologici, a lui si devono i testi sull’origine delle colonie walser italiane che pubblichiamo.
Sull’origine di Gressoney
Sia la mensa vescovile e il capitolo di Sion, sia l’abbazia di Saint-Maurice-d’Agaune, nel XII secolo avevano ragguardevoli possedimenti sul versante meridionale del Monte Rosa e del Cervino, in Val d’Aosta, provenienti con tutta probabilità dalla liberalità dei primi conti di Savoia. Questi possessi erano però troppo lontani per poter essere governati e sfruttati direttamente. Perciò i rispettivi capitoli infeudarono i loro domini, com’era allora in uso da parte degli enti ecclesiastici, a famiglie dinastiche valdostane abbastanza potenti da riuscire a garantire il possesso di quelle terre contro ogni possibile usurpazione. Così i possedimenti del monastero di Saint- Maurice-d’Agaune furono concessi ai visconti d’Aosta, signori di Challant; e quelli della chiesa di Sion, nella vallata di Gressoney, a Giacobbe della Porta di Sant’Orso di Aosta.
Nel 1218 Landri, vescovo di Sion, mandò in Val d’Aosta un canonico del capitolo per ricevere da Giacobbe della Porta il rituale giuramento feudale. Nell’occasione vennero definiti esattamente i feudi che Giacobbe teneva per conto della chiesa di Sion. Tranne pochi possessi sparsi nella valle di Challant e in territori circostanti, essi comprendevano tutto il territorio che da Issime si estende sino a Gressoney, per salire ai ghiacciai che separano la Val d’Aosta dal Vallese, cioè l’intera valle superiore del Lys. Il documento è redatto nel castello di Quart il 9 gennaio 1218.
Non è dato tuttavia di stabilire in che epoca la chiesa di Sion entrò in possesso di questi beni né quando li infeudò alla casa dei della Porta. Si può solo supporre che ciò avvenne molto prima del 1218, se in quell’anno a Sion si ignorava con precisione quali fossero i feudi valdostani della chiesa e si rese necessario mandare un canonico per dirimere le incertezze. Fin dal 1131, d’altra parte, possono essere citate relazioni molto strette tra i della Porta di Sant’Orso e la chiesa di Sion.
Il documento del 1218 menziona il luogo di Verdoni ( Ferdöbjo), cioè l’attuale casale di Verdobbio (Valdobbia) in comune di Gressoney-Saint –Jean. Il toponimo Valdobbia appartiene al passo, ancor oggi assai frequentato, che collega Verdobbio alla Valsesia, attraversando l’omonima piccola valle che ha dato nome al villaggio di Valdobbia, toponimo di origine latina. Ammettendo che l’espressione Verdobbi, quale compare nel documento del 1218, altro non sia che un intedescamento del nome latino Valdobbia, non resterebbe che concludere che i coloni tedeschi erano già presenti nella valle nel 1218.
La colonizzazione dovette essere dunque molto antica , forse anteriore alla cessione di quei possessi, e risalire in ogni caso al XII secolo. E’ d’altro canto più verosimile che un’immigrazione di popolazioni provenienti dal Vallese sia avvenuta quando questa alta valle dipendeva ancora direttamente dall’amministrazione della chiesa di Sion, che non dopo la sua infeudazione ad una dinastia valdostana.
Il documento del 1218 non rivela esplicitamente che la solenne ricognizione dei titoli di feudalità da parte della chiesa di Sion avesse come diretta conseguenza lo stabilimento di coloni vallesani in quei territori. Il fatto però che il Vescovo abbia voluto concedere ai suoi vassalli al di là dei monti alcune esenzioni negli obblighi feudali, da essi assunti, lascia intendere una forte iniziativa tesa all’insediamento, in quelle contrade alpine, di contadini vallesani.
Alla riuscita di una simile impresa colonizzatrice era certo più adatta la razza robusta dei montanari dell’Alto Vallese, avvezza ai lavori più ardui e a tutte le durezze del rigido clima alpino, che non gli abitanti della Valle d’Aosta, abituati al mite clima meridionale. Anche la particolare conformazione di queste alte vallate, prima che l’arte e il lavoro dell’uomo avesse aperto nuove vie, rendeva più facile penetrarvi dal Vallese, varcando monti ricoperti di ghiaccio, che non salire dal Piemonte attraverso le gole strette e impraticabili che ne chiudevano l’entrata meridionale. Ancora nel XV secolo, i valichi alle falde del Cervino e del Monte Rosa erano regolarmente battuti e praticabili con bestie da soma.
Così fu fondata non solo Gressoney, ma tutte le colonie tedesche sul versante sud del Monte Rosa: Macugnaga, Rima, Ribella e Alagna.