Si sono svolti nel quasi totale silenzio stampa gli “Stati Generali della Montagna”. Il convegno, organizzato dall’Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani) si è tenuto a Torino il 20 e 21 novembre. Lo slogan: “La montagna, una questione nazionale”, era quanto mai appropriato, ma pare che a livello nazionale non ci fosse veramente niente da dire sulla “questione montagna”.
E sì che le notizie c’erano, a cominciare dall’assenza a Torino del ministro per gli Affari Regionali con delega alla montagna, Linda Lanzillotta. Un “fatto gravissimo” secondo il vicepresidente vicario Uncem Valerio Prignachi, che da parte sua ha ribadito la disponibilità dell’Uncem a rimodernare, se necessario, l’impianto degli enti locali della montagna, non senza aver però prima definito competenze e risorse degli stessi.
Nel corso della prima mattinata di lavori il clima nei confronti del Governo si è vieppiù scaldato, raggiungendo l’apice con la relazione del presidente dell’Uncem Enrico Borghi, che ha annunciato l’interruzione delle relazioni con il Governo e pertanto l’assenza dell’Uncem dalle prossime riunioni della Conferenza Unificata. «Gli impegni assunti nelle sedi competenti devono essere rispettati. – ha detto Borghi riferendosi in particolare alla riunione del 10 ottobre con il Governo – Come dimostrano i dati del Censis, la montagna è tutt’altro che marginalità e non possiamo più tollerare uno Stato che utilizza le risorse che derivano dal territorio senza mettere in campo né politiche né risorse per lo stesso».
Il sottosegretario alle Riforme e Innovazione nella Pubblica Amministrazione, Gian Piero Scanu, a conclusione del primo giorno di lavori, ha presentato le scuse del Governo: «Capisco il senso di profondo disagio e di frustrazione che oggi è emerso in questa sala, e per quanto posso fare opererò affinché la frattura che si è compiuta si ricomponga. Del resto il governo di centro sinistra non può non considerare la propria semenza, non può escludere il mondo delle autonomie e la cultura delle autonomie dal proprio orizzonte operativo», ha dichiarato ponendo le premesse affinché il dialogo con l’Uncem sia ristabilito.
La notizia clou l’ha fornita però la presentazione dei dati del Censis sul PIL della montagna. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ha sottolineato il trend di crescita delle aree montane in questi ultimi anni. Il valore aggiunto in montagna dal 1999 al 2003 è aumentato dell’11,8% rispetto a una media italiana del 6,5%, portando a incidere sul PIL nazionale per il 16,9%. Un dato ancor più interessante, se rapportato alla popolazione residente nelle aree di montagna, costituita dal 18,5% del totale nazionale.
Da più relatori sono state sottolineate le potenzialità delle aree di montagna in termini di energia e produttività. Ghiacciai, acqua e foreste sono fonti di energia rinnovabile non adeguatamente utilizzate (il 75% del patrimonio forestale rappresenta risorse non gestite), e come le filiere del legno e del settore lattiero caseario, dovrebbero, secondo De Rita, «essere governate direttamente da chi vi partecipa, in un sistema di appropriate relazioni negoziali con gli altri soggetti». Ancora De Rita ha suggerito di «affidarsi sempre meno alla richiesta di finanziamenti “allo sportello” del livello centrale per sviluppare invece il “pensiero laterale”, vale a dire la capacità di tessere, nel reticolo istituzionale, un sistema adeguato di confronto per la valorizzazione delle risorse e l’approntamento delle politiche per la montagna». Dati e proposte di cui pare ci sia quasi timore di discutere al di fuori di una ristretta cerchia di addetti ai lavori, come se la montagna non avesse ripercussioni sulle città, se non altro in termini di risorse energetiche rinnovabili sempre più importanti per il futuro. Certo il lavoro da fare è ancora lungo, ed è scoraggiante che a cinque anni dai primi “Stati Generali della Montagna”, si discuta ancora su cosa si intenda per montagna.
Il presidente della Regione Autonoma Valle d’Aosta, Luciano Caveri, intervenuto in qualità di coordinatore della Commissione Politica della Montagna della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ha invocato l’intervento dell’Unione Europea per una definizione omogenea del territorio montano, sottolineando la difficoltà di scelta dei criteri per delimitare le comunità montane. Nel corso del suo intervento il presidente Caveri ha fortemente difeso l’esistenza dei piccoli comuni (in Valle d’Aosta per esempio sono una cinquantina quelli con meno di cinquecento abitanti) argine allo spopolamento di intere vallate.