Parte oggi 15 settembre la spedizione “Cho Oyu Trinity” che vedrà impegnati Simone Moro e Hervé Barmasse con altri tre atleti del Global Team The North Face, nella scalata della sesta montagna più alta del mondo, il Cho Oyu di 8201m.
Hervé Barmasse e Simone Moro, coppia collaudata, con all’attivo la prima ascensione del Bekka Brakai Chok, cercheranno di aprire in puro stile alpino una via nuova sulla parete sud est del Cho Oyu. Emilio Previtali, la sky runner britannica Elizabeth Hawker e la sci alpinista bolzanina Tamara Lunger, tenteranno di raggiungere la vetta per la via normale, dalla quale Emilio scenderà con lo snowboard fino al campo base.
Al termine delle rispettive salite (e discese) i componenti del team si ritroveranno al campo base: Barmasse e Previtali dovrebbero percorrere mille km in bici per raggiungere Katmandu, mentre Moro e la Hawker, hanno in progetto di farla a piedi, di corsa. Il nome della spedizione ricorda proprio i tre sport estremi: freeride, alpinismo ed endurance (bici e corsa) uniti in un solo progetto.
La fase di acclimatamento prevede la salita di alcune montagne nella valle del Kumbu, la valle che porta all’Everest. Tra di esse c’è l’Island Peak di 6200 m che Barmasse e Previtali progettano di scendere rispettivamente con gli sci e con lo snowboard, unendo così la passione per l’alpinismo e il freeride estremo. Successivamente gli atleti si sposteranno con jeep e bus in Tibet, e installeranno il campo base a quota 5700 m. Di qui Barmasse e Moro completeranno l’acclimatamento seguendo in parte la via normale dell’ottomila, la stessa seguita dai primi salitori, Herbert Tichy, Joseph Jochler e Pasang Dawa Lama, nell’ottobre del 1954, per spostarsi successivamente sul versante sud est. Qui hanno in previsione di installare un piccolo campo da cui partire per scalare in puro stile alpino, una via nuova di 2000 m. di dislivello con difficoltà tecniche elevate sia su ghiaccio sia su roccia.
«E’ difficile sapere i giorni che impiegheremo per scalare il versante sud est del Cho Oyu perché Simone ed io saremo i primi ad esplorare questa parete – spiega Barmasse – Di certo, raggiunti i 7500 m di quota, dovremo essere veloci perché nella zona della morte un uomo non può sopravvivere più di quattro giorni».
Sugli ottomila esistono ancora molte possibilità di aprire nuovi itinerari: salite difficilissime, prerogativa di pochi alpinisti, che devono sapersi destreggiare a quote estreme con elevate difficoltà tecniche. Il tentativo al pilastro sud est del Cho Oyu sarà una di queste.
In caso di maltempo persistente Barmasse ha anche un piano di riserva: «Se a causa delle condizioni meteorologiche dovessimo abbandonare l’idea di aprire una via nuova il mio obiettivo sarà la discesa con gli sci dalla via normale del Cho Oyu».
Per seguire online la spedizione: hervebarmasse.com