Ferrovia rubata, come titola Antonio Stefanini, sogno ferroviario o binari dimenticati? Nella sostanza poco o nulla cambia, perché la strada ferrata da Edolo a Tirano, attraverso la Valle di Corteno e il passo dell’Aprica, è rimasta solo sulla carta, o meglio negli archivi e nelle memorie che oggi l’autore, sapientemente, passa al setaccio. Offrendo al lettore una storia che se da una parte affascina sempre, dall’altra risulta d’incredibile attualità. Quella della ferrovia tra Valcamonica e Valtellina ideata, progettata e fortemente voluta dalla gente di quei territori montani sulla spinta del progresso d’inizi Novecento e d’un barlume di lungimiranza, poi boicottata e mai costruita dalle istituzioni centrali, è una vicenda che, virtualmente, non conosce tramonto. Nonostante sia trascorso un secolo o poco più.
Già, perché periodicamente si torna a parlare (o sognare?) di un collegamento ferroviario tra le valli Camonica e Tellina, quale strumento per un ulteriore impulso allo sviluppo socio-economico e turistico delle due Valli e quale soluzione ad un sistema viabilistico – generalizzando – ormai obsoleto. Certo, ora non s’ipotizza più una ferrata che passi dall’Aprica – come vigorosamente sostenuto pure dal premio Nobel Camillo Golgi, originario di Corteno e ritenuto una delle anime più convinte del Comitato «Pro ferrovia elettrica Edolo-Aprica-Tirano» – bensì un traforo sotto il Mortirolo. Perché evidentemente oggi come cent’anni fa quei territori e quelle comunità avvertono la necessità di un’apertura verso Nord e di una relazione più stretta fra le due Valli, anche per vincere un senso d’isolamento (in particolare per l’alta Valtellina) che frena lo sviluppo e spopola la montagna. In fin dei conti mancava allora, come manca oggi, l’ultimo tassello del circuito ferroviario delle Orobie, o meglio l’ultimo tratto di un sistema circolare di trasporti su rotaia che colleghi la pianura Padana con la Svizzera, e da lì Germania e Austria, attraverso Valcamonica e Valtellina e le ferrovie Retiche.
Per comprendere il fermento del decennio 1905-1914 baricentrico all’Aprica, basta ricordare come in quegli anni le ferrovie «conquistavano» celermente i monti, con chilometri e chilometri di rotaie, accorciando le distanze e favorendo economia, industria e turismo. Il 4 luglio 1909 s’inaugurava il prolungamento fino a Edolo della Brescia-Iseo-Breno in gestione alla Snft, nel 1911 entravano in servizio i rami franciacortini Bornato-Rovato e Bornato-Paderno e la «linea di pianura» Rovato-Soncino-Cremona. Dall’anno prima, 1910, era in esercizio quel gioiello d’ingegneria ferroviaria che è ancor oggi la ferrovia elettrica Tirano-Poschiavo-St Mortiz, classificata come patrimonio mondiale dell’Unesco grazie al trenino rosso del Bernina. Risaliva addirittura al 1902 invece l’apertura della Sondrio-Tirano, quale prolungamento della linea che sale da Milano e Lecco lungo la vallata dell’Adda. Più a Sud invece la Ferdinandea (costruita a lotti tra il 1842 e il 1857) già da anni solcava la pianura Padana, con le sue «porte» verso Brescia e il Sebino, Bergamo e il lago di Como. Datava infatti 1857 l’attivazione della Coccaglio-Palazzolo-Bergamo-Treviglio e 1876 l’apertura della Palazzolo-Paratico/Sarnico. Come dire che già un secolo fa si pensava di «mettere in rete» quei 340 chilometri di ferrovie su e giù per le Alpi orobiche mediante quell’ultimo, piccolo ma strategico, tassello rappresentato dalla Edolo-Tirano. Tratta che avrebbe permesso di collegare la Brescia-Iseo-Edolo all’elvetica Tirano-St. Mortiz (e pertanto l’Engadina) e alla Tirano-Sondrio-Milano, chiudendo quindi il cerchio in pianura attraverso la Milano-Brescia e la Lecco-Bergamo-Rovato.
La strategia, ormai consegnata alla storia, era questa. Semplice nella sua complessità. Poiché rimaneva il gravoso onere di realizzare una ferrovia, la Edolo-Tirano appunto, in un territorio montano aspro, in una vallata stretta e con pendenze impegnative, ipotizzando binari a scartamento ridotto ed una elettrificazione con energia prodotta in loco. Era, per l’epoca, un progetto all’avanguardia che oggi Antonio Stefanini – vantando nel suo DNA un forte senso d’appartenenza a quel lembo di monti contesi fra Brescia e Sondrio e un’identità culturale forte – ripropone e illustra appassionatamente in un volume con dovizia di particolari, fra documenti, testimonianze, fotografie e cartografie.
L’autore ricerca e ordina con l’intelligenza dello storico, scrive e a tratti romanza con la penna dello scrittore consolidato e infine impagina col desiderio di offrire il più possibile spaccati della sua valle passata. In fondo, Stefanini in questo libro mette anima e corpo, o meglio cuore e ragione. Il cuore di chi ama questa terra di confine e la razionalità di chi invece fa ricerca storica. Così la carrellata di documenti, relazioni, ritagli di giornali, manifesti e istantanee seppiate non fa altro che avvalorare la sua tesi della «ferrovia rubata», intendendosi per rubata ad un territorio e alla sua gente. Anche se rubata, forse, era l’opportunità storica di sviluppo e di rilancio.
Ma se oggi Stefanini regala ai suoi concittadini un pezzo di memoria e d’identità territoriale, agli appassionati e agli studiosi offre invece un dossier completo e ben organizzato in grado di ripercorrere, passo dopo passo, il fallimento di un sogno. Più precisamente il naufragio del progetto di via ferrata da Tirano a Edolo che oggi si cerca di bissare – a condizioni evidentemente mutate rispetto ad una secolo fa – col famigerato traforo del Mortirolo (di cui si parla da quarant’anni!) e con forme di mobilità dolce o sostenibile, a forte vocazione turistica, quali la monorotaia tra la Valtellina, la Riserva naturale di Pian di Gembro, la valle di Corteno e il Mortirolo. Ripercorrendo in queste pagine l’epopea d’un progetto rimasto nel cassetto e nel rimpianto d’intere comunità camune e valtellinesi, Stefanini lascia aperta la porta sulle nuove formule e progettualità per connettere le due Valli. Come dire, la speranza è l’ultima a morire!
Straordinario dunque il lavoro dell’autore che, visti i risultati, non s’è affatto risparmiato nella ricerca, racimolando documenti inediti e di spessore storico che sviscerano, nel più profondo, l’excursus d’un progetto epocale e mettono in evidenza le tante sfaccettature amministrative, politiche, sociali ed economiche della questione. Elementi che offrono uno spaccato reale della quotidianità d’inizi ’900 tra Edolo, Santicolo, Corteno, Aprica (allora di Teglio), Villa di Tirano e Tirano.
Chiosa, infine, Stefanini: “Sebbene con un po’ di nostalgia, ho finalmente terminato il mio personale viaggio ferroviario storico, durato più di due anni. In tale periodo mi sono obbligato a peregrinare tra le stazioni, non di rado malmesse, degli archivi storici sparsi tra Sondrio, Brescia, Poschiavo, Pavia e Roma (virtualmente sono arrivato addirittura fino a Basilea) e vi ho incontrate quasi sempre persone disponibili. Ma ne ho anche ricavata la definitiva conferma alla convinzione che le nostre valli sono state per lo più trascurate e tenute storicamente ai margini del progresso. Anche quando proprio da esse sono partite iniziative importanti, in grado di far loro compiere il salto di qualità. Riguardo, infine, all’accusa mossami da qualcuno di avere gli occhi rivolti all’indietro, mi è facile rispondere che chi studia il passato impara a prevedere il futuro. Non lo dico io, ma Confucio”.
InfoLibro
Titolo: La Ferrovia Rubata
Autore: Antonio Stefanini skyrun@tiscali.it
Pagine: 430, con tavole di progetto a colori
Formato: cm. 21 x 29,7
Prezzo: 32 euro (sconto per fatturazione di più copie)
Disponibilità:
Dal 18-20dicembre 2013, nelle librerie e nelle edicole della zona o rivolgendosi direttamente all’autore.