L’estate appena trascorsa, come confermato da innumerevoli centri di rilevazione meteorologici e nivologici, tra i quali la Società Meteorologica Italiana (www.nimbus.it), è stata tra le più calde degli ultimi due secoli. Un periodo di lunga sofferenza per gli ecosistemi dell’intero arco alpino. E nel corso del prossimo inverno, meteorologicamente appena iniziato (il 1° di dicembre), quanta neve cadrà? Difficile dare una risposta, considerato che i modelli di previsione della moderna meteorologia, per mantenere buoni livelli di attendibilità, non si spingono oltre i 5 giorni.
Dopo un mese di novembre caldissimo e secco, e un’apertura di dicembre sotto una possente cupola anticiclonica alimentata da masse d’aria sub-tropicale, molte persone sembrano vivere una sorta di “panico climatico”, perchè temono che il clima troppo mite possa pregiudicare la stagione sciistica, favorire incendi, mettere a repentaglio i ghiacciai, diminuire le riserve idriche e veder svanire la possibilità di vivere un bella stagione invernale bianca.
Proviamo allora a volgere il nostro sguardo al passato, andando a scovare le statistiche nivometriche di una vallata alpina, la Val Formazza, terra del popolo Walser ubicata a pochi km da Domodossola, in provincia di Verbania. Cercheremo di capire se effettivamente in tempi passati nevicava di più, al fine di dimensionare le nostre speranze di neve attuali.
Nevicata nel dorf di Macugnaga Monte Rosa
Ma ai “tempi” nevicava realmente di più? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Kappenbergher, meteorologo di Meteo-Svizzera, al lavoro presso il centro di Locarno Monti, situato nel canto Ticino (Ch). “Riferendoci ai dati raccolti dal nostro centro, in particolare nelle località del Lago Vannino e ghiacciaio del Basodino, in alta Val Formazza (a 30, il quantitativo totale di neve, risultante dalla somma di tutte le precipitazione nevose registrate nel corso della stagione invernale, è in aumento negli ultimi anni. Il motivo principale di questo incremento positivo va ricercato nell’innalzamento dell’isoterma di zero gradi; ad ogni grado in più della temperatura dell’aria, corrisponde infatti un 7% in più nel tasso di umidità della medesima ed essendo l’umidità uno dei principali fattori costituenti le nubi, ne consegue un aumento delle precipitazioni. Naturalmente le località situate a quote inferiori, in particolare al di sotto dei 1500 metri, sono maggiormente penalizzate da questo innalzamento termico, perchè a queste altitudini la neve caduta ha una durata, in termini di tempo, sempre minore”.
Continua Kappenbergher: “Un altro aspetto rilevante è la concentrazione di importanti nevicate nel periodo primaverile. Nel 1998, ad esempio, caddero oltre due metri di neve sopra i 2500 metri durante il mese di aprile, parametro che supporta l’ipotesi di un cambiamento rispetto al quadro tradizionale delle stagioni”.
Statistiche ed ipotesi che inducono una riflessione sulla correttezza delle memoria collettiva, spesso focalizzata sui ricordi più forti, inerenti annate particolarmente nevose, e dimentica di periodi natalizi con prati di montagna verdi più che mai. I dati della Società Meteorologica Subalpina sull’altezza del manto nevoso in località Formazza (1300 m slm), registrati il 25 dicembre di ogni anno compreso nel periodo dal 1933 al 1994, stupiscono in tal senso. Ad esempio il 25 dicembre del 1935 la neve abbondava con ben 135 cm di altezza. Nel 1940 si registrò invece uno 0 cm. Altri periodi natalizi particolarmente nevosi – altezza del manto oltre i 100 cm – furono gli anni ’45, ’50, ’52, ’59, ’73 e ’81. A secco rimasero invece le annate ’41, ’48, ’53, ’56, ’67, ’80, ’85, ’94. Da questa serie di dati emerge che, mediamente, un Natale su 10 a Formazza non sia per nulla bianco e che un Natale su 5 si presenti con oltre 1 metro di neve.
Parlando di meteorologia e di cambiamenti climatici, arduo e azzardato è tentare di trarre delle conclusione in merito ai mutamenti in atto, sia a livello globale sia a livello locale. Dati alla mano, sulla porzione di Alpi del Verbano Cusio Ossola, la neve, anche se a quote superiori ai 1500 metri, continua per il momento a cadere, talvolta anche in modo consistente.
Ma qualcosa sta indubbiamente cambiando e queste modificazioni in atto, più che una sensazione, sono una percezione reale, condivisa a livello collettivo. Nel frattempo un altro inverno è alle porte: per noi, nuovi ricordi bianchi da porre nella memoria; per la scienza una nuova preziosa serie di dati da registrare.