Le “Alpi Walser” comprendono un ampio settore dell’arco alpino, dai confini tra la Savoia e il Vallese alla Valle d’Aosta, alla regione del Monte Rosa, alla Val Formazza, a Bosco Gurin nel Canton Ticino, ai Grigioni, al Vorarlberg, al Tirolo.
Discendenti di quei coloni Alemanni che nel X secolo penetrarono attraverso la “catena mediana” nella valle del Rodano, i Walser furono tra i primi ad acclimatarsi a quote altimetriche e condizioni ambientali alle quali l’uomo non aveva ancora imparato a sopravvivere. Inventori di un modello di vita e civiltà comparabile per esperienza a quella dei coloni olandesi che strapparono il terreno al mare erigendo dighe, essi seppero dissodare e coltivare stabilmente la montagna divenendo protagonisti del popolamento delle alte Alpi, in un’epoca (XIII-XV secolo) nella quale la colonizzazione e la bonifica dei territori incolti in vaste aree del continente costituirono un fenomeno economico ed umano che gli storici paragonano, per entità ed importanza, alla rivoluzione industriale del XX secolo.
Minoranza nelle minoranze, quella dei Walser non è una “enclave”, bensì un complesso di “enclaves” linguistiche ed etniche sparse in gran parte dell’arco alpino, e che, attraverso sentieri d’alta quota, alcuni dei quali sarebbero poi diventati passi alpini di grande importanza per l’economia europea, comunicarono tra loro per secoli, fino all’avvento delle frontiere tra stati sovrani. La mappa delle colonie da loro fondate segue un andamento dinamico tra il XII e il XV secolo, quando la loro diaspora può considerarsi storicamente conclusa.
Una prima fase (“colonizzazione primaria”) li spinse dall’originario Vallese-Wallis ( di qui il nome “Walser”) alla testata della valle della Toce (Formazza) e delle valli meridionali del Monte Rosa. In fasi successive (“secondarie”, “terziarie” etc.) si spinsero dalle colonie “primarie” verso la fondazione di nuovi insediamenti, tramandando un modello di migrazione ininterrotto per tre secoli, finalizzato però alla fondazione di insediamenti “stanziali”. A queste fasi si connessero sia gli insediamenti minori, in valli limitrofe alle colonie “primarie”, sia la lunga marcia in direzione delle Alpi Occidentali e Orientali, marcia che li portò a fondare oltre 150 colonie d’alta quota sparse dalla Savoia al Tirolo, nell’odierno territorio di 5 stati alpini: Francia, Svizzera, Italia, Liechtenstein e Austria).
Particolare importanza riveste la migrazione walser verso le Alpi Retiche e Alpi Centrali, nell’attuale territorio del Cantone dei Grigioni (Svizzera) e delle Regioni del Vorarlberg e Tirolo (Austria). In quei territori, nei secoli XIII-XV, i Walser disseminarono di decine di insediamenti permanenti le testate delle valli alpine. L’insediamento walser di Avers (Grigioni), con il villaggio di Juf (2126 m), è ancora oggi il luogo abitato tutto l’anno più alto d’Europa.
Questa fase del movimento migratorio che ebbe per meta le Alpi Retiche vide protagonisti coloni provenienti in particolare dalla proto-colonia di Formazza (ponte tra la colonizzazione occidentale e orientale) e dal Vallese.
L’economia autarchica dei Walser li obbligò ad un alimentazione e ad un’economia di sussistenza dove la grande abilità fu costituita dalla capacità di equilibrare l’allevamento del bestiame e il consumo dei prodotti della poca terra arabile, per fare ciò dovettero affinare nel tempo tecniche e attrezzature, introducendo l’aratro a ruota, l’erpice, la falce con la lama inclinata rispetto al manico, e tutti quegli attrezzi che avrebbero permesso loro di “domare” la natura selvaggia alla quale avevano lanciato la sfida.
Una particolarità che contraddistingue e accomuna tutti i walser, oltre alla cultura, le tradizioni di vita e di lavoro, la loro economia secolare e le particolari usanze giuridiche che sono una preziosissima ed altrimenti perduta testimonianza della presenza dell’uomo sulle altitudini, è l’antichissima lingua germanica, per la tutela della quale, dalle sempre più delicate e complesse fasi di riconversione dalle tradizionali forme di economia e di vita, a quelle compatibili con i tempi nuovi, sono necessarie iniziative di coordinamento tra istituzioni culturali che operano in contesti regionali diversi.
Un ulteriore aspetto omogeneizzante è la religiosità che i Walser hanno da sempre seguito, praticandola e “utilizzandoLa” anche come collante sociale. Le feste religiose erano l’unica deroga che essi si concedevano alle dure mansioni agro-pastorali, quindi anche un momento di svago utile e necessario. Ogni mese ne contemplava qualcuna, cominciando con la festa dell’Epifania a gennaio per terminare con il S. Natale a dicembre. Infine i costumi tradizionali che pur differenziandosi da una valle all’altra, introducono un pretesto di folklore e allegria davvero apprezzabile.