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Non è vero che l’Epifania tutte le feste porta via. Nelle valli ai piedi del Grand Combin, partiti i Re magi, esplode il Carnevale. Riti, simbologie e tradizioni ancestrali, sovrapposte a credenze cristiane e a rievocazioni di avvenimenti storici, si intrecciano nelle manifestazioni da vivere in prima persona (vedi il calendario degli appuntamenti).
Nei comuni della “Coumba Freida”, la “valle fredda” che collega il valico del Gran San Bernardo a Aosta, e della Valpelline, il Carnevale, come in passato, è un momento di grande apertura sociale dopo i giorni bui e duri dell’inverno. Ancora adesso rappresenta un’esplosione di forze ed energie, normalmente contenute negli schemi sociali della vita quotidiana, finalmente liberate, in questo periodo, grazie anche all’anonimato della maschera.

Le maschere della “Benda” sfilano dietro al portabandiera, l’unico personaggio a viso scoperto, e ai suonatori. Dietro viene il diavolo, vestito di rosso con corna e forcone, seguono in coppia Arlecchino e Damigella, belli e dal comportamento gentile. L’abito di Arlecchino, che prima di trasformarsi in maschera della commedia dell’arte era un demone (Alichino, demone e buffone nel canto XXI dell’Inferno dantesco), è ricco, con pantaloni a righe colorate, una giacca ricamata con paillettes e un cappello cilindrico decorato con nastri colorati (da 100 a 150 metri!), fiori, coccarde e specchi. Nel corteo seguono a coppie le landzette, maschere vestite con giacca a code di velluto dai colori vivaci, decorata di nastri e lustrini, e la feluca portata con la punta in avanti. Il loro costume è la trasformazione ironica delle uniformi napoleoniche: Napoleone, portatore degli ideali di libertà, diviene interprete del rito liberatorio del Carnevale. Sul viso hanno la maschera, un tempo di legno, a vita sonagli e campanelle. Le Landzette tengono in mano una coda di cavallo, che agitano per scacciare gli spiriti maligni e che di tanto in tanto usano per “aggredire” le donne che incontrano, mimando gesti esplicitamente erotici legati a un antico rituale di fecondità.

Il corteo, simile a quello nuziale, è chiuso dai due vecchi, il Toc e la Tocca, la coppia brutta e volgare, e dall’orso.
La presenza reale dell’orso in valle d’Aosta, documentata almeno fino al XVIII secolo, e i racconti popolari su di esso, spiegano l’importanza della sua figura  come archetipo della maschera tradizionale. Credenze comuni a tutta l’Europa e anche a popolazioni Eschimesi, lo designano come signore del tempo e, per il suo sparire in inverno e riapparire in primavera, simbolo della rinascita della vegetazione e mediatore privilegiato con il mondo dei morti. Figure associate all’orso sono quelle del cacciatore-domatore, del barbiere (Sant’Orso è protettore dei barbieri e un tempo radere l’orso significava rinvigorire la crescita dei peli e, per trasposizione, delle piante appena potate), del medico e dell’infermiera.

I cortei di maschere girano per i villaggi e danzano davanti alle case disponendosi in cerchio, simbolo di eternità, eseguendo un rito propiziatorio in cui si liberano energie vitali e forze benefiche.
Lasciamoci coinvolgere dalla musica e dalle danze: nel calendario degli appuntamenti dal 7 gennaio al 20 febbraio troviamo un week-end per questa esperienza!

CALENDARIO DEGLI APPUNTAMENTI

FOTOGALLERY

testo a cura di Oriana Pecchio

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