Non ha pace il reality Monte Bianco condotto da Caterina Balivo e girato lo scorso luglio sul Monte Bianco, in programma dal 9 novembre su Rai due. Adesso interviene anche il sindaco di Saint-Gervais Jean-Marc Peillex che sostiene che la troupe non ha rispettato il suo diniego di autorizzazione e ha ugualmente girato in vetta al monte Bianco, vetta che sarebbe nel territorio comunale di sua competenza.
Nel comunicato stampa ripreso dai media francesi Peillex scrive di aver «chiesto ai servizi competenti di studiare la possibilità di promuovere un’azione giudiziaria a seguito del non rispetto del rifiuto di autorizzazione a girare il reality sul territorio comunale di Saint-Gervais, a 4.808,73 metri di altitudine, sul suolo francese». Più prudente invece il sindaco di Chamonix, Eric Fournier, che sul Dauphiné Liberé aveva spiegato che «se hanno girato con una telecamera” da terra “e senza sorvolo aereo, sarebbe stato difficile negare loro le riprese».
La questione relativa al programma televisivo in realtà poco interessa (un reality in più o in meno non fa la differenza, credo), ma importante appare invece la questione che sta alla base, ossia dove passa il confine italo francese sulla vetta del Monte Bianco. La storia non è certo di buon vicinato. Da 29 anni i coniugi Laura e Giorgio Aliprandi, massimi esperti di cartografia del Monte Bianco, chiedono che venga corretto un errore in cui è incorso il capitano Joseph Mieulet, il cartografo che redasse le carte del 1865. Fino al 1860 il confine era amministrativo e non politico, essendo l’intero massiccio del Monte Bianco compreso nel Regno di Sardegna, seppure per il breve periodo napoleonico la Savoia fosse divenuta francese. Le carte sarde del 1823 e del 1845 documentano che il confine amministrativo tra il Ducato di Aosta e il Faucigny passa per la sommità del Monte Bianco. A quel confine amministrativo fa riferimento una lettera di Napoleone III, datata 3 maggio 1860 riguardante l’annessione della Savoia alla Francia e su quel documento, oltre a un’annotazione dell’Institut Géographique National francese del 1946, si basano Laura e Giorgio Aliprandi per contestare la definizione dei confini rilevati nel 1865 dal capitano Joseph Mieulet dello Stato Maggiore francese. Nella carta del capitano Mieulet il confine viene arbitrariamente spostato a Sud della cima del Monte Bianco, che diventa così interamente francese. Nel 1996 e nel 1999 Luciano Caveri, allora deputato, aveva presentato al Ministero degli Esteri un’interrogazione sul problema del confine italo – francese sul Monte Bianco, ma sulla questione i francesi avevano finora nicchiato. Due anni fa lo storico Paul Guichonnet e la guida alpina di Chamonix Christian Mollier hanno firmato il libro “A qui appartient le Mont-Blanc?” in cui sposano la tesi degli Aliprandi e lo scorso giugno la rivista le Alpi del Club Alpino Svizzero sottolinea in un articolo come l’errore sia ripetuto nella cartografia internazionale e anche in quella svizzera.
All’inizio di settembre il sindaco di Chamonix, Eric Fournier, aveva fatto mettere una transenna per bloccare l’accesso al ghiacciaio del Gigante dal rifugio Torino, considerandolo in territorio francese. In seguito a questo episodio i senatori Aldo Di Biagio e Alberto Lanièce avevano presentato un’interrogazione parlamentare sull’individuazione di un oggetto istituzionale per arbitrare la querelle del confine fra Italia e Francia sul Monte Bianco, proponendo di avviare una gestione super partes della questione. «Come denunciato anche dal presidente della regione Valle d’Aosta Augusto Rollandin in una nota indirizzata al Presidente del Consiglio – avevano scritto Di Biagio e Lanièce – la ciclica disputa sulla individuazione della linea di confine tra i due Paesi avrebbe ricadute immediate e importanti in termini di giurisdizione applicabile nella quotidianità: sia per le attività anche commerciali che si svolgono in quelle aree, quali la funivia Skyway Monte Bianco e l’adiacente rifugio Torino, sia per l’individuazione delle autorità competenti e delle eventuali responsabilità per situazioni inerenti a tale ambito territoriale».
La risposta è arrivata il 22 ottobre scorso da parte del sottosegretario Benedetto Della Vedova, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: « Il Governo italiano è pronto ad intervenire di fronte ad ulteriori episodi di messa in discussione dei confini italo-francesi sul Monte Bianco». Più avanti si legge che: «Il tracciato del confine fra Francia e Italia nell’area del Monte Bianco è definito dal Trattato fra Regno di Sardegna e Impero francese relativo alla cessione della Savoia e del circondario di Nizza alla Francia e dalla convenzione di delimitazione tra Sardegna e Francia in esecuzione del trattato del 1860, basato sul criterio dello spartiacque». Il Ministero spiega come la campagna di rilevamenti congiunti sul Monte Bianco, svolta ai primi di settembre dall’Istituto geografico militare e dall’Istituto geografico nazionale francese, «non ha potuto raggiungere conclusioni condivise nell’area del Dome du Goûter, della cima del Monte Bianco e del Colle del Gigante, perché i geografi francesi si sono rifiutati, su istruzioni, di avallare il criterio della displuviale in queste aree».
Il documento ministeriale così conclude: «Nella piena consapevolezza della rilevanza del rispetto della norma cogente di diritto internazionale che impone l’inviolabilità delle frontiere internazionali, il Governo desidera assicurare di essere ben consapevole della portata della questione e pronto a intervenire di fronte a ulteriori episodi. E’ ferma intenzione evitare che la situazione diventi foriera di disagi per le comunità locali e crei difficoltà nella fruizione delle strutture turistiche ed alpinistiche prossime al confine italo-francese».
Insomma il sindaco Peillex non dovrebbe né potrebbe avanzare nessuna pretesa sulla messa in onda dell’adventure game di Rai due. E questo sì potrebbe essere un peccato, visto i promo che in questi giorni stanno andando in onda per pubblicizzare lo “spettacolo” sul Monte Bianco. I promo presentano la scalata del Monte Bianco come un’impresa eroica, quasi epica: è faticosa, è alta quota, ma assicurati da una guida alpina, con la dovuta preparazione, è fattibile da tanti. Ben lo sanno gli alpinisti e gli appassionati di montagna, un po’ meno forse le casalinghe di Voghera (a torto prese a campione della fruizione passiva dei programmi televisivi), ma in esse si potrebbe confidare per mandare a picco l’indice di ascolto dopo la prima puntata. Potrebbero condividere il giudizio negativo del Club Alpino italiano, di molti alpinisti, primo fra tutti Reinhold Messner e associazioni ambientaliste, che nei mesi scorsi avevano denunciato i danni provocati dalla spettacolarizzazione della montagna.
L’adventure game “Monte Bianco” ha impegnato sette guide valdostane come accompagnatori di altrettanti vip, la cantante Arisa, il comico Enzo Salvi, il giornalista Filippo Facci, l’attrice e conduttrice Jane Alexander, l’ex calciatore Gianluca Zambrotta, la modella Dayane Mello, e il campione di karatè Stefano Maniscalco. Le guide alpine sono: Anna Torretta, della società di Courmayeur, Giovanna Mongilardi della Società del Gran Paradiso, Alberto Miele guida autonoma residente a La Thuile, Roberto Rossi della Società del Cervino, Andrea Perrod della Società di La Thuile, Stefano Degiorgis della Compagnie di Arnad e Matteo Calcamuggi della Società di Ayas. Altre tre guide erano di assistenza alla produzione senza comparire in video: Guido Azzalea e Corrado Luisi della Società di La Thuile e Pier Paolo Role Romano, di Courmayeur. Tutte le guide sono state retribuite con la tariffa a giornata per venti giorni di lavoro.