Sarà certamente un caso, ma due film, entrambi svizzeri, presentati a Locarno, ripropongono un certo cliché cupo e tenebroso della montagna come scenario di racconti. Sono due film drammatici in cui la montagna è stata scelta come ambientazione coerente.
Il primo è un film in concorso, ‘Songs of Love and Hate’ della regista Katalin Gödrös. Narra di una famiglia di vignaioli che vive ai piedi delle montagne del Canton Ticino. L’equilibrio della vita in famiglia viene sconvolto dalla trasformazione turbolenta della figlia più grande, adolescente inquieta e inquietante, capace di sedurre e di uccidere, di sconvolgere e di contemplare i disastri del suo cinismo. La sorella più piccola sembra, un po’ inverosimilmente, l’unica presenza serena, forse in virtù della sua dichiarata e vissuta omosessualità. La montagna è uno sfondo ostile. Il raccolto va male a causa di un ritardo nella decisione di vendemmiare e della successiva pioggia; il vino, prodotto del lavoro della famiglia, aiuta il padre che ne abusa a complicare la situazione; un torrente in piena suggerisce alla ragazzina l’annegamento dell’amatissimo cane; un dirupo al termine di un sentiero invita all’omicidio dell’amico. Insomma, il simpatico Merlot del Ticino a noi suggerirebbe storie più liete.
‘Coeur animal’, opera prima pluripremiata di Séverine Cornamusaz, è ambientata in un alpeggio, dominio incontrastato di un rozzo allevatore che ama e cura le sue bestie mentre vessa, maltratta e violenta una moglie rassegnata. La malattia della moglie e l’arrivo di un aiutante spagnolo, furbetto e spregiudicato, destabilizza il protagonista, e lo spinge infine a chiedere alla moglie di ricominciare a coltivare un rapporto che appare però irrimediabilmente malato. La vita in alpeggio è descritta in modo esaustivo (nessuna attività viene tralasciata), con taglio quasi documentaristico e con l’ausilio prezioso di un’eccellente fotografia. Ma proprio questa attenzione documentaria spinge ad una identificazione tra la vita in montagna e le nefandezze del protagonista che suona credibile.
Ci si può consolare pensando a quante nefandezze si consumano nelle città del fondovalle o nelle metropoli.
O forse si può sperare che un altro svizzero, Oliver Paulus, ci regali un altro Tandori Love per portarci di nuovo in montagna a sorridere.