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Il 64esimo film festival di Trento si apre giovedì 28 aprile, alle 21, nella Sala della Filarmonica, dove nell’ambito delle iniziative previste per il Cile, sarà proiettato il film muto Terre Magellaniche (del 1933) di padre Alberto Maria De Agostini. Missionario salesiano, scrittore, geografo, fotografo, esploratore e alpinista, paddre De Agostini è stato uno dei maggiori esploratori dell’estremo confine meridionale delle Americhe del XX secolo. Il film sarà proiettato con l’accompagnamento musicale dal vivo di Francesco Pennarola, al pianoforte, e Francesca Villa, al violoncello. All’evento, organizzato in collaborazione con l’Ambasciata del Cile in Italia, il Museo nazionale della montagna di Torino e la Camera di commercio di Trento, assisteranno, tra gli altri, l’ambasciatore del Cile in Italia, Fernando Ayala e il Console onorario del Cile in Trentino, Aldo Albasini.

L’evento clou dell’apertura del film festival è però la sera di venerdì 29 aprile, alle 21, all’Auditorium Santa Chiara, con la serata “South! The last trip”, condotta da Reinhold Messner con la regia di Sandro Filippini. Reinhold Messner ripercorrerà una delle avventure più incredibili e straordinarie di tutti i tempi: la spedizione dell’Endurance di Ernest Shackleton in Antartide, di cui quest’anno ricorre il centenario.

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«Quello dell’Endurance di Ernest Shackleton – hanno spiegato gli autori – doveva essere l’ultimo viaggio nel senso della conclusiva e più difficile esplorazione del luogo più inesplorato e irraggiungibile della Terra, l’Antartide. Si trasformò nella più grande avventura di ogni tempo, a parte l’Odissea. Una prova di perseveranza, come dal profetico nome della nave che portò la spedizione verso la meta, e poi di resistenza, di ingegno e di competenza. Ma soprattutto un’incredibile dimostrazione della forza che può avere un’incrollabile fiducia e della capacità di tenerla viva, questa fiducia nell’impossibile salvezza, anche contro ogni evidenza logica».

Quando ebbi l’onore nel 1999 di intervistare sir Edmund Hillary, alla domanda chi fosse stato il suo mito giovanile, il primo salitore dell’Everest rispose senza esitazione Ernest Shackleton, non tanto per l’impresa esplorativa ed alpinistica, ma per la sua capacità di adattamento all’evolversi delle situazioni e per non aver perso neppure un uomo della spedizione. La spedizione dell’Endurance fu un viaggio durissimo in cui la meta iniziale di attraversare l’Antartide dal mare di Weddell al mare di Ross fu presto soppiantata dalla lotta per la sopravvivenza durata quasi due anni. Dopo l’affondamento dell’Endurance stritolata dai ghiacci, la spedizione Shackleton riuscì a raggiungere l’isola dell’Elefante con tre scialuppe dell’Endurance. Successivamente sei uomini affrontarono 1500 chilometri di oceano Antartico per raggiungere la Georgia del Sud, dove si trovava una base baleniera. Senza i presidi moderni di navigazione Shackleton e i suoi cinque compagni raggiunsero l’isola, ma riuscirono ad attraccare solo dalla costa opposta a quella dove si trovava la base baleniera e in tre giorni portarono a termine un’impresa alpinistica senza pari, percorrendo trenta miglia di montagne inesplorate, senza attrezzatura alpinistica, con scarponi improvvisati, chiodati con i chiodi della barca. La stessa traversata fu ripercorsa da Reinhold Messner con Conrad Anker nel 2000. Ancora quattro mesi e tutti gli uomini rimasti all’isola dell’Elefante furono tratti in salvo. Grazie ai due medici al seguito della spedizione, solo due uomini subirono amputazioni in seguito a congelamenti e in era pre-antibiotica. Non un miracolo, ma il frutto delle lezioni della sapiente scuola chirurgica inglese e della capacità di intervenire improvvisando al meglio.

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In questi ultimi vent’anni sono usciti numerosi libri e film su Shackleton e la spedizione dell’Endurance: il fascino del personaggio e la sua capacità di resilienza colpiscono ancora a cento anni dagli avvenimenti. Reinhold Messner, che vanta la prima traversata dell’Antartide a piedi e con gli sci e ben conosce anche la Georgia australe, potrà comunicare al meglio la portata dell’impresa e la grandezza di Ernest Shackleton esploratore.

di Oriana Pecchio

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