Pubblicati recentemente sul giornale del Club Alpino Svizzero, i risultati di uno studio condotto nel 2004 alla Capanna Regina Margherita da un gruppo di ricercatori guidato da Marco Maggiorini, professore di medicina interna a Zurigo. In tale studio il desametasone, un farmaco di tipo steroideo, già usato nella terapia dell’edema cerebrale di altra quota, viene riconosciuto come efficace anche nella terapia dell’edema polmonare da alta quota e se ne prospetta un possibile uso anche per la profilassi del mal di montagna acuto.
La stessa notizia viene ripresa nel numero di giugno dello Scarpone. Sembra tuttavia necessario ricordare che non sono ancora stati eseguiti studi sufficientemente allargati sui possibili effetti collaterali dell’uso del desametasone in alta quota, soprattutto nella profilassi del mal di montagna acuto. Il desametasone, al di là del discorso se sia doping, è un farmaco e non si può ritenere a priori innocuo al 100%, e soprattutto deve essere prescritto da un medico in casi particolari e selezionati. Lo stesso vale per l’acetazolamide (Diamox), sovente purtroppo somministrato senza parere medico.
I farmaci non possono e non devono sostituire le misure preventive non farmacologiche del mal acuto di montagna, né dell’edema cerebrale e polmonare d’alta quota. Salita lenta e graduale (non più di 300 metri al giorno al di sopra dei 3000 metri), pernottamenti ripetuti a 2500 – 3000 metri di quota nel mese antecedente l’esposizione a quote superiori, l’assunzione di almeno due litri di acqua al giorno sono i capisaldi della prevenzione primaria delle patologie da alta quota. Altrettanto interessante (e priva di effetti collaterali, essendo anche questa una misura non farmacologica) sembra l’adozione di tecniche respiratorie yoga che permettono una miglior ventilazione polmonare, la cui utilità è stata dimostrata da Luciano Bernardi, ordinario di medicina all’Università di Pavia.
Come ha scritto John West in un articolo comparso su High Altitude Medicine and Biology nel 2003, una buona acclimatazione a 3600 metri permette di ossigenare il sangue come se si fosse a 3000 metri e a 4200 metri come se si fosse a 3600 metri. L’acclimatazione è un processo che richiede un po’ di tempo, un po’ di più di quello necessario a ingollare l’ennesima pillola, ma forse ha un altro valore in termini di etica e di salute.