Come promesso la nostra redazione seguirà settimanalmente il percorso che i camminatori del Lou Tsamin Francoprovensal faranno lungo il loro itinerario alpino tra il Piemonte la Svizzera e la Francia, partito da Susa lo scorso 26 giugno. Quì di seguito la prima delle relazioni eseguita da una delle camminatrici, Teresa Geninatti.
Dal rifugio, dopo una lieve salita cominciamo a scendere, superiamo la diga di Roselend a contrafforti (in calcestruzzo), sostenuta da una volta che chiude la gola del Doron. Realizzato fra il 1955 e il 1962, lo sbarramento ha sommerso, con otre 185 milioni di metri cubi d'acqua, un antico alpeggio, attestato fin dal X secolo col nome del suo primo proprietario, Rozelindus, da cui il nome del luogo. Questa costruzione impressionante fa parte delle quattro dighe idroelettriche del Beaufortain, che alimentano la centrale della Bâthie e quella del Girotte. Lungo la strada una costruzione attira la mia attenzione: all'estremità del lago vedo qualcosa, accelero…pare una cappella romanica, purtroppo è chiusa e non posso curiosare, così provo a vedere se dalla finestrella riesco a intravedere qualcosa, ma l'interno è troppo scuro…pazienza. Scoprirò più tardi che questa bella chiesetta posta a protezione del lago, in realtà è una "copia" (anni Sessanta del Novecento) esatta di quella originaria del villaggio sommerso.
Proseguendo attraversiamo la foresta di le Bersene, incontriamo alcune frazioni e alla fine ecco Beaufort o più precisamente Beaufort-sur-Doron (tra 1050 m e 2300m d'altitudine). Il comune è la capitale del Beaufortin. Il comune di Beaufort è composto da due villaggi, Beaufort, Arêches e 11 piccoli frazioni. Non appena si comincia a passeggiare per la cittadina ci si accorge immediatamente del fatto che dispone di edifici unici: effettivamente il comune conta un numero considerevole di luoghi e di monumenti invidiabili per un borgo di queste dimensioni. A proposito di edifici e costruzioni, merita soffermarsi sulle case tipiche di questa zona. Gli "chalet" tradizionali sono caratterizzati da un pianterreno in pietra con due o tre stanze (spesso la zona più ampia era dedicata alla stalla e alla cucina, spesso nello stesso ambiente o in ambienti contigui). Il piano successivo (primo piano) era chiamato fienile ed era un unico ambiente tutto in legno; spesso questo piano si trovava sullo stesso livello della pendenza, così da poter avere una porta allineata con il terreno, così da limitare la fatica nel riporre il fieno nel fienile.
Ogni casa riporta il nome dei proprietari originari e data di costruzione. Il tetto a doppio spiovente, nell'architettura tradizionale, era ricoperto da tegole di legno, chiamate "ancelles", disposte su tavole fissate ai travi portanti della struttura esterna o, più semplicemente, trattenute da grosse pietre, nelle abitazioni più antiche. Orami i tetti ricoperti da stoppia sono rarissimi. Da non dimenticare sono anche i granai, piccole costruzioni di legno nelle vicinanze delle casa principale, in cui si conservavano i vestiti della festa, i documenti importanti, ma anche grano, farina e provviste di ogni genere. Si tratta di elementi architettonici che punteggiano di frequente, ancora oggi, il paesaggio del beaufortain. Tutte da scoprire sono la chiesa di San Massimo, le cappelle delle frazioni, le vestigia di un antico castello risalente al XIII secolo, oltre al vecchio maniero di Randens (XVI sec.) che, attualmente, ospita il municipio. Beaufortain costituisce una tappa importante del percorso alla scoperta del barocco savoiardo, con ben cinque chiese, tra le quali anche la chiesa di Arêches: la chiesa, intitolata a San Giovanni battista, ha conservato il suo lucernario e la cupola originali. Da ammirare sono le ricche decorazioni pittorica che ricoprono quasi interamente i muri interni della chiesa stessa.
Aspettando la tappa di domani vorrei lasciare un testo savoiardo scritto da Lorèn Damé sul Mensile "Intre-No. Informachon de depertot you l'on prede francoprouvensal" (Marzo 2007). Aléguer a eummeun.
La fin dou ten.
Y ére un demar matin, i faseut eunà tsalour qu'atofeut, la méma depoui un èn: pa eunà gota de plodze depoui él tèn, I feseut arà trés mei que l'atèndion, depoui qu'o z-enformachò o no z-avion deut quìeunà météorita grossa comèn la leunà l'aleut "rèncountrar" la Tèrra; de l'atèndion dzin pour… Nôroun avenir ol ére dza érit depoui lontèn; depoui que l'Africa l'ére devenuà un mouél de indre a cosa dou solèi trot fort, depoui que la Russià l'ére devenuà un glachér a cosa de la poluchoun(…).
La fine del mondo
Era un martedì mattina, faceva un caldo che soffocava, lo stesso da più di un anno: neanche una goccia d'acqua da quel tempo, erano orami tre mesi che l'aspettavamo, da quando le informazioni ci avevano detto che un meteorite grosso come la luna avrebbe "incontrato" la Terra; l'attenzione per il nostro…futuro c'era già stata da molto tempo; da qundo l'Africa era diventata un mucchietto di cenere a causa del sole troppo forte, dopo che la Russia era diventata un ghiacciaio a causa dell'inquinamento (…).