Non sono una camminatrice, non lo sono mai stata. Sono una montanara, nata a Elva nel 1951, paese nel quale ho abitato fino al 1961. Anche i bambini a quell’epoca contribuivano all’andamento familiare, a cinque anni lavoravo con la mia famiglia patriarcale portando al pascolo le venti mucche di nostra proprietà e ne ero responsabile. D’estate si faceva il fieno, mi ricordo di giornate accaldate con i turisti che passavano tra le “andane di fieno” che noi bambini con diligenza rastrellavamo ed io pensavo: che stupidi questi turisti che faticano volontariamente! Se un giorno potrò di sicuro io mi siederò all’ombra di un albero in luogo di faticare! Ed invece la vita è proprio strana, eccomi qua a 57 anni a ideare con Peyre, Dario e gli amici Riccardo Carnovalini, Roberta Ferraris, Manuela Almonte, Elisa Nicoli un viaggio da un capo all’altro dell’Occitania, di 70 giorni e 1300 km.
Che cosa mi spinge a fare questo? Perchè non me sto 70 giorni sdraiata sotto un albero in luogo di affrontare questa impresa? Prima di tutto perchè il viaggio non è fine a se stesso. Il viaggio è dedicato a portare l’attenzione, nell’anno 2008 dedicato dall’ONU al tema delle lingue, sull’assoluta necessità che si crei un vasto movimento di opinione che porti alla consapevolezza che la lingua occitana è un bene importante nel mondo contemporaneo. Vorrei tanto che la testimonianza mia e delle altre persone che percorreranno tutto il cammino, di quelle che ci accompagneranno per dei pezzi, serva a far riflettere le persone e le istituzioni sul valore della diversità linguistica e li portino a gesti generosi di condivisione e di consapevolezza.
In secondo luogo perchè ho un debito personale da saldare nei confronti dell’Occitania grande. Fino al 1970 non sapevo di essere occitana, non conoscevo neanche il nome della lingua che parlavo, per definire la nostra lingua dicevamo “parlare a nòsta mòda”, pensavamo alle valli come a un luogo isolato, senza identità e anche in un certo qual modo senza futuro. François Fontan, occitano d’oltralpe, venuto a vivere nel paese di Frassino in Val Varaita con la sua “predicazione” sull’Occitania mi ha aperto una finestra, io ho guardato fuori ed ho visto un altro mondo. Nel 1972, sono andata con Fontan e con altri giovani del Movimento Autonomista Occitano all’Università Occitana d’estate di Villeneuve sur Lòt in Guascogna.
C’erano Robert Lafont, Yves Roqueta, Bernard Manciette, Marti, Joan Boudou, poeti, scrittori, cantanti, gente comune, tutti accomunati dal loro lavoro a favore della lingua e della cultura occitana. E io parlavo nel mio “a nòsta mòda” di Elva e mi comprendevo con loro. E’ stata un’emozione fortissima che mi ha cambiato radicalmente la vita E da allora non ho mai smesso di lavorare a favore della lingua e della cultura occitana, perchè in tanti ci si accorga di questo vasto spazio geografico situato nel cuore dell’Europa, della sua lingua e della sua letteratura (pensate che in Italia non si trova patricamente nulla del premio Nobel Frederic Mistral nè sono tradotti scrittori di grande talento come Robert Lafont, che tra l’altro vive a Firenze), della sua storia di popolo portatore di pace. In terzo luogo perchè l’Occitania è bellissima dal punto di vista paesaggistico. E per quanto è bella noto che è pochissimo conosciuta in Italia. A parte qualche eccezione come i paesi catari e la Provenza, devo dire che anche la gente delle valli conosce poco l’Occitania grande, e men che mai la Val d’Aran.
L’Occitània a pè, percorso studiato con passione e amore da Peyre Anghilante offre l’opportunità di scoprire un paese che ha dei paesaggi bellissimi, in cui la luce, il vento, la vegetazione e la varietà degli ambienti attraversati ti porta a vivere una vera avventura alle porte di casa.E in questo momento in cui si parla tanto di “decrescita” il progetto che proponiamo è una proposta turistica di grande valore ecologico e umano, da qualunque angolatura lo si guardi. In quarto luogo perchè ho molti amici in Occitania grande, gente che lavora con passione in istituzioni, associazioni, gente che dedica tempo alla rinascita della lingua occitana e voglio che questo viaggio metta anche questo aspetto in evidenza. In un mondo in cui sembra che esistano solo più consumatori io in questi anni, attraverso la passione per l’Occitania ho avuto modo di conoscere una serie infinita di persone che non consumano ma creano scavando a mani nude nel giacimento culturale d’òc. In ultimo perchè è un progetto “aperto”, nel quale chiunque desideri, che sia istituzione, associazione o persona singola può entrare e portare il suo contributo: sostenendo l’appello “Lenga d’òc patrimòni mondial de l’umanitat” nelle sedi opportune affinchè la lingua occitana venga inserita dall’Unesco nella lista dei beni immateriali dichiarati Patrimonio Mondiale dell’Umanità, portando il suo concreto apporto al cammino attraverso l’organizzazione di eventi, unendosi al gruppo fisso per camminare per una o più tappe, inviando il proprio parere sull’iniziativa. Ogni singola azione che possa contribuire alla crescita del progetto è la benvenuta. Non sempre c’è la possibilità di ideare un progetto aperto, di grande respiro, che può diventare un sogno collettivo, tanto è più prezioso oggi che le ideologie sono cadute ed è evidente la necessità delle persone di ritrovarsi insieme con intenti comuni di condivisione e di coesione sociale.