Dall'ampio terrazzo sovrastante l'edificio squadrato del castello di Puivert, all'ora del tramonto, si scorgevano Sophie e la sua ombra, piccolissime sul fondo verde del prato del cortile. La musica ipnotica della sua bodega, ha accompagnato il nostro girovagare per il castello dei trovatori al termine della tappa numero 50 dell'Occitania a pé. La sera precedente avevamo fatto festa con la corale Gesppe d'Esperaza e, dopo cena, la serata era culminata con la danza del carnevale di Limoux. Si erano alzati tutti quanti per fare quei movimenti un po' esotici che, addosso ad alcuni signori dall'apparenza austera, risultavano davvero buffi; al centro Sophie, con le gote gonfie, abbracciata alla sua pelle di capra.
La bodega è una specie di cornamusa tipica della zona della Montagna Negra, nell'Aude. Sophie è venuta dal Belgio ormai trent'anni fa e ora abita in questa regione, al confine con l'Ariege. "E' come se questo fosse da sempre il mio paese – dice – E' qui che ho costruito la mia vita professionale e sentimentale". Durante le festività natalizie alcuni abitanti delle nostre valli hanno avuto occasione di ascoltarla, nei due concerti che ha tenuto in valle Po, insieme ad Aimat Brees e questa è stata l'occasione per riprendere l'intervista cominciata una sera di qualche mese fa.
Raccontaci del tuo incontro con la bodega
Quando sono arrivata nell'Aude il mio progetto era di diventare una musicista professionista. In quel periodo suonavo soprattutto musica medievale con il tira-buta, antenato del trombone, e con la cornamusa. Mi interessavo alla musica tradizionale locale, perché per me aveva più senso fare una musica che avesse una funzione, quella di far ballare la gente, di accompagnare la festa. Quando sono arrivata nell'Aude sapevo che qui esisteva una cornamusa speciale della zona della Montagna Negra, che si chiamava la bodega. Mi avevano detto che era uno strumento arcaico e poco interessante. Ma dato che sono sempre stata testarda, la volevo almeno incontrare per vedere di cosa si trattasse.
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