Nick Hollon, 24enne di San Diego, atleta del team Grivel, è stato il primo americano a salire sul podio del Tor des Géants tre settimane fa: è arrivato secondo, coprendo la distanza di 330 km e in 76 ore e 29 minuti.
Tornato a casa in California si gode adesso due mesi di riposo dalle corse. «Ci vogliono due mesi per recuperare – spiega Nick, abbreviazione di Nickademus – non tanto per i muscoli che recuperano nel giro di tre – quattro giorni, quanto per l’apparato cardio vascolare. Ci vuole più tempo. Lo scorso anno ho fatto una gara di 22 miglia dopo la Barkley marathon e sono stato male, non ho rispettato i tempi di recuparo e ho avuto quella che si chiama “adrenal fatigue”, un esaurimento da superlavoro corticosurrenalico. Inoltre troppa corsa può portare a ipertrofia cardiaca e non voglio mi accada. Una corsa estenuante come il Tor a lungo andare è di scarso beneficio per la salute, serve a capire quel che il tuo corpo può fare, dove può arrivare. Anche per le articolazioni. Se si fa scialpinismo come Franco Collé, il vincitore del Tor, in inverno si sollecitano meno le articolazioni, ma qui in California non c’è neve e non posso correre troppo…».
L’avventura del Tor però è troppo bella per non raccontarla, almeno nei suoi momenti migliori o più interessanti. Non bastano i muscoli per gareggiare al Tor, ci vogliono anche testa e strategia di corsa, motivazione e forza di volontà per vincere il sonno che talvolta incombe, pronto a sorprenderti quando meno te lo aspetti e a metterti talvolta in pericolo, tecniche di respirazione e concentrazione per vincere l’ansia ed essere lucidi. Il giorno prima della corsa Nick Hollon si è preparato con una seduta di Kundalini – Yoga, sotto la guida di Betta Gobbi, che da alcuni anni si è appassionata a questa specialità fino a diventarne istruttrice. C’era il peso della responsabilità di non deludere pubblico e sponsor dopo la vittoria al Nicaragua Fuego y agua 100 km a febbraio e alle 100 miglia della Barkley marathon, con 16.500 m di dislivello positivo, solo per citare alcune tra le vittorie degli ultimi anni. Ma erano ultramaratone molto più corte del Tor, già provato lo scorso anno, quando era arrivato settimo in 81 ore e 33 minuti
Ma come ha saputo del Tor questo atleta californiano? «Dopo aver fatto alcune tra le corse più dure negli Stati Uniti, nel gennaio 2013 sono andato a cercare su Internet le corse più difficili al mondo, ho trovato il Tor e ho deciso di provare. Ho un’amica che aveva corso al Tor l’anno prima e ho avuto informazioni da lei, ma la corsa è molto diversa se la si corre per vincerla o per finirla solamente. Ero arrivato in Europa a luglio, avevo corso una cento miglia in Germania e ero poi stato ospite della famiglia di Augusto Palmet a Dolonne e avevo cominciato a conoscere l’ambiente. Lo scorso anno il tempo era stato brutto, con tempesta nella seconda notte e neve a Cuney e verso la fine, quest’anno è stato molto meglio. L’organizzazione, il lavoro dei volontari, dei cuochi: tutti sono stati meravigliosi. Per me personalmente è filato tutto liscio».
Cosa ricorda Nick Hollon del Tor 2014? «A guardare indietro alla corsa – risponde Nick – mi vengono in mente le parti peggiori, quelle che mi hanno mostrato quanto il mio corpo è stato forte e per me è stato da Oyace a Bosses. Sono arrivato a Oyace alle 11 di sera, la terza notte di gara e avevo dormito appena un’ora e venti minuti dalla partenza. Rifocillato, sono uscito dalla base vita con l’amico Corrado che mi precedeva e suo figlio Denis dietro di me. Dopo 15 minuti il suo corpo era diventato una macchia confusa, vedevo ragni dappertutto. Ma le allucinazioni peggiori sono cominciate al Col Breson, quando Denis mi ha tenuto per la giacca prima che cadessi rotoloni giù, dopo aver dato un calcio a un sasso, mentre vedevo serpenti e ragni tutto intorno. Il mio cervello non lavorava a dovere. Nonostante le allucinazioni quando sono arrivato a Ollomont ho scoperto di aver recuperato nove minuti su Christophe Le-Saux e Antoine Guillon che mi precedevano». Proprio nel momento in cui sono cominciate le allucinazioni, Nick è riuscito a mettere in atto, aiutato dai suoi accompagnatori, le giuste strategie per arrivare ai due concorrenti che aveva davanti e a superarli dopo Bosses.
Riguardo agli accompagnatori Nick pensa che sia importante avere degli accompagnatori al fianco, almeno in certi tratti, i più pericolosi per il tipo di terreno o per il momento in cui ci si trova a percorrerli, vedi la seconda o la terza notte, e lo ha fatto presente agli organizzatori del Tor , visto che si sta discutendo sulla regolamentazione di questo aspetto.
Ma non ci sono solo momenti “drammatici” nel ricordo del Tor di Nick Hollon, ci sono anche la natura, i villaggi di montagna, le vie di Champorcher tra le case dell’antico villaggio, il Forte di Bard «Un segno di civiltà in mezzo alla Valle», i resti romani «Ho studiato archeologia al College». Il misto di natura e civilizzazione ha affascinato Nick in modo particolare. Anche la sicurezza di trovare un punto di appoggio di valle in valle piace a Nick. «Mi piacciono le dimensioni delle montagne, enormi, selvagge, ma anche che ci sia un rifugio o un villaggio al di là di ogni colle, in ogni valle; ci si sente al sicuro. Negli stati Uniti talvolta non si trova niente per duecento km e bisogna portarsi appresso tutto, cibo, acqua, ogni cosa per sopravvivere. Bisogna essere molto preparati proprio in relazione a quanto sia remoto, lontano dalla civiltà, il luogo in cui si corre».
In questo periodo di riposo Nick continua con il suo lavoro part – time su ebay con la liquidazione di materiale per l’edilizia per il padrino e altre vendite on line. Intanto sta scrivendo con un amico un libro sulle sue esperienze personali nelle corse di ultraresistenza. Il libro è in fase di revisione prima della pubblicazione e Nick sta pensando a possibili traduzioni. Infine alterna l’attività di runner con quella di oratore “motivazionale” in corsi per dirigenti di aziende ed è anche allenatore.
Ripeterà l’esperienza del Tor per la terza volta? «Non so – risponde – il Tor è una corsa così impegnativa che non puoi correrne molte altre durante l’anno e ci sarebbero altre gare cui vorrei partecipare. Per correre il Tor bisogna prepararsi specificamente».