Guida Alpina e Istruttore Nazionale – Cavaliere della Repubblica Italiana per meriti sportivi – Mario Dibona Moro è membro del celeberrimo gruppo Scoiattoli di Cortina.
“Da bambino era innata in me la voglia di correre, correvo sempre a tal punto che il mio sangue si riscaldava talmente tanto che mi venivano delle cose strane sulle gambe. Ricordo che papà per farmi stare fermo, quando andavamo in gita, mi teneva con una corda legata alla vita. Correvo e arrampicavo su ogni albero, roccia, muro e quant’altro attirasse il mio interesse nel provare a salire in alto”.
Le prime esperienze di arrampicata a Cortina d’Ampezzo – dove nasce e cresce – a 10 anni con amici erano su dei sassi più o meno alti e come attrezzatura avevamo solo una corda che il nonno adoperava per legare il fieno. Un po’ più grande papà mi regalò una corda da roccia rossa e alcuni moschettoni in lega leggera, era un sogno che si avverava.
Iniziai così a ripetere tutte quelle vie importanti e difficili delle Dolomiti assieme a Mox, Bellodis, il Principe e Spidy. Si arrampicava con un grande spirito di avventura e passione, trascurando però la dovuta sicurezza.
Appena compiuto la maggiore età feci i corsi di Guida Alpina e poco dopo quello di Istruttore Nazionale. Entrai a far parte del Soccorso Alpino e del prestigioso Gruppo Scoiattoli di Cortina.
Un lungo periodo l’ho dedicato all’alpinismo himalayano per vedere nuove montagne e popoli silenziosi, imparare a meditare e rispettare altre culture e religioni ben lontane dalle nostre.
Intervista a Mario Dibona, a cura di Francesco Pioppi, per DiscoveryAlps
Mario, vorrei farti delle domande a proposito della conca Ampezzana, paradiso dell’arrampicata in Dolomiti. Un mix di vie classiche e sportive. Tu hai contribuito tanto a realizzare questo progetto. Qual è il tuo pensiero?
Cortina offre montagne “a portata di mano” grazie ad un avvicinamento comodo per raggiungere pareti con roccia molto bella. Il simbolo è certamente la Tofana di Rozes che offre numerose vie sulla parete sud-est, favorevole anche per l’esposizione soleggiata. Numerosi sono i settori attrezzati sportivi e classici che permettono all’arrampicatore un’ampia scelta di itinerari nella conca Ampezzana. La nostra palestra principe è sempre stata alle 5 Torri, dove hanno iniziato a scalare gli scoiattoli e molti forti alpinisti. La Torre Piccola è ottima per i neofiti, la Torre Media per quelli un po’ piú esperti, la Torre Grande per gli arrampicatori piú esigenti. Insomma, le 5 Torri offrono una panoramica e un ambiente veramente unico, definito uno tra i più belli d’Europa. Per salite più lunghe, l’arrampicatore può spostarsi sulle grandi pareti come la Tofana, le tre cime di Lavaredo, gli spalti di Col Becchei oppure il Taè.
Nella valle di Cortina d’Ampezzo si possono scalare vie alpinistiche aperte nei primi del 900 da personaggi del calibro di Angelo Dibona, i fratelli Dimai, U. Pompanin, etc..Tuttavia negli ultimi 20 anni sono stati aperti itinerari alpinistico/sportivi che si potrebbero definire vie più “addomesticate”. Quali sono le differenze di approccio per un arrampicatore che vuole cimentarsi su questi itinerari?
Bisogna fare proprio una netta e chiara distinzione: l’arrampicatore che decide di scalare vie di montagna in stile alpino su una parete, parte dalla relazione letta in una guida, è consapevole di dover attrezzare i punti di sicurezza, poiché troverà solo alcuni chiodi sull’itinerario. In questo caso molti tiri possono risultare “sprotetti”, perciò è richiesta una buona tecnica alpinistica che rende l’itinerario impegnativo o molto impegnativo. D’altra parte, la cosiddetta arrampicata sportiva, che ora va per la maggiore, permette di scalare pareti già attrezzate con chiodi a pressione fissi nella roccia, che offrono una sicurezza molto alta e in caso di caduta riducono drasticamente il rischio d’incidente. Qui a Cortina l’arrampicatore può scegliere se scalare una via classica o sportiva.
Tu hai aperto numerose vie sia alpinistiche che sportive, anche in solitaria. Recentemente si sente parlare di vari stili di apertura/chiodatura (dal basso, dall’alto, etc). Tu quale stile prediligi e perché?
Se apro una via sulla parete di una montagna simbolicamente importante, sicuramente prediligo l’apertura dal basso. Se invece trovo pareti adatte per falesie, a quote più basse, per comodità posso sfruttare la tecnica di apertura dall’alto. Tuttavia, io preferisco sempre partire dal basso o con il compagno o alcune volte in solitaria, al fine di poter scegliere la linea più idonea mentre salgo. In altre parole, cerco di trovare la roccia più bella per l’arrampicata, la linea più spettacolare, creando una sequenza di: diedro, fessura, strapiombo, placca; plasmando una via non scontata, non monotona come una grandissima placconata.
Il gruppo Scoiattoli di Cortina rappresenta ancora oggi il riferimento dell’alpinismo ampezzano. Nel passato numerose imprese alpinistiche e spedizioni internazionali sono state compiute dal gruppo in più riprese come la prima conquista del K2 da parte dello scoiattolo Lino Lacedelli e la ripetizione del 2004 per lo sperone Abruzzi che ti ha visto protagonista. Cosa rappresenta oggi il gruppo Scoiattoli e quali sono gli obiettivi e progetti moderni?
Il gruppo Scoiattoli nacque nel lontano 1° luglio del ’39 con il motto, tramandato dai soci fondatori: “uno per tutti, tutti per uno”. Lo spirito è sempre stato quello di mantenere il gruppo compatto e amichevole. Oggigiorno l’obiettivo del gruppo Scoiattoli è certamente “arrampicatorio” e sportivo rispetto al passato, più orientato alle spedizioni internazionali ed himalayane. Ora abbiamo ragazzi molto forti, che stanno aprendo delle vie con difficoltà estreme, si punta molto sull’arrampicata sportiva con difficoltà sempre più elevate.
Quale via di roccia hai aperto che ti lascia un particolare ricordo che vorresti raccontarci?
Penso che come esperienza sia la via Los Angeles 84 sugli Spalti di Col Becchei, aperta con il grande amico Paolo Bellodis. Eravamo giovani, io non ancora ventenne. Volevamo aprire una nuova via su questa parete mai scalata poiché non portava in cima ad alcuna montagna, ma terminava su un grande prato; infatti una volta si volevano scalare solo itinerari che portavano su una vetta; pertanto, i vecchi alpinisti non avevano mai considerato gli Spalti come un’opportunità. Ai tempi l’arrampicata si sviluppava quasi essenzialmente su placche come le classiche vie degli anni 80-85 ad Arco, non come adesso che si sviluppa su strapiombi che richiedono forza.
In quel periodo a nord di Cortina, avevamo creato la prima palestra per l’arrampicata su placca con pareti veramente lisce che ci permettevano di affinare la tecnica. Così decidemmo di studiare bene gli Spalti di Col Becchei, cercando d’identificare una linea di salita tra le placche lisce. Alla fine, individuammo questo diedro spettacolare, che partiva dal basso, arrivava fino a metà e, dopo una zona di placche, terminava sul grande prato. Così nell’estate del 1984 io e Paolo Bellodis partimmo con pochissimo materiale: alcuni chiodi, un paio di friends quasi inutilizzabili, alcune “pegnate” ovvero gli “eccentric” che facevano quasi ridere… un martello in tasca, senza casco iniziammo a salire questa parete. Il risultato è certamente una grande via, molto apprezzata dagli arrampicatori esperti per la qualità della roccia su quasi tutta la via. Ricordo che durante l’apertura dovemmo affrontare un traverso difficile; poiché la roccia era liscia e priva di fessure per poter piantare un chiodo, non potevamo che pensare di applicare uno spit a pressione, ma eravamo consapevoli che a quei tempi, il gruppo Scoiattoli era molto restio nell’utilizzo chiodi a pressione, andava contro l’etica del gruppo… Paolo ed io eravamo molto combattuti, iniziammo una lunga consultazione su chi dei due avesse dovuto prendersi la responsabilità di mettere uno spit. Poiché il tiro toccava a Paolo, dovette rassegnarsi a posizionare questo unico e combattuto spit rosso diventato famoso e che caratterizza la storia di questa bella via, meritevole di essere inserita nel curriculum di ogni alpinista.
Dal tuo punto di vista, quali sono le tre realizzazioni alpinistiche/storiche più belle della valle Ampezzana?
Senza ombra di dubbio è la via Eötvös-Dimai sulla Tofana di Rozes, chiamata la via comune. La considero sicuramente un capolavoro, un’impresa incredibile: basti pensare che è stata aperta l’8 agosto del 1901 dalle guide cacciatori Antonio Dimai, Agostino Verzi, Santo Siorpaes i quali sono riusciti ad individuare questa linea lungo una parete di oltre 1000 m. Hanno tracciato questo itinerario percorrendo, per tutto un inverno, la strada che portava al passo Falzarego e, osservando bene la parete, annotavano dove la neve si appoggiava. Perciò capirono che, dove la neve si appoggiava, lì c’era una cengia oppure la parete era appoggiata, poiché chiaramente sul verticale la neve non si appoggia. Quindi c’è stato uno studio di valutazione. Secondo me è stata una realizzazione pazzesca, nel percorrerla immaginiamoci queste guide con un cappellaccio in testa allacciato con un cordone, perché non voli via col vento, accompagnare due baronesse in gonna di cognome Eötvös lungo una parete ancora inesplorata, senza saper bene dove passare o non passare.
Anhce se non proprio a Cortina, la seconda via è certamente la Comici Dimai alla Grande di Lavaredo. Certamente è una grande impresa compiuta da Emilio Comici e forti arrampicatori del tempo che sono riusciti ad affrontare questa immensa parete nord nel 1933.
La terza impresa da ricordare è lo spigolo Jori sulla punta Fiames, aperta nell’agosto del 1909. Salire anche questa linea, così spigolosa che porta alla punta Fiames è stata una realizzazione incredibile.
Visto il ritorno, negli ultimi anni, del trad; quale stile attualmente prediligi per l’apertura di nuove vie?
Non mi sono mai specializzato nel “trad” per l’apertura di nuove vie. Quando apro una via trovo soddisfazione nel vedere che la gente la ripete in sicurezza. Sulle mie prime vie, aperte anche con miei clienti storici, usavo i chiodi. Purtroppo, quando ci ritornavo, molte volte i miei chiodi erano stati rimossi dai ripetitori in quanto potevano essere sostituiti con protezioni veloci (friends, nuts, etc) al posto dei chiodi stessi. Questo atteggiamento mi infastidiva perché io cercavo di creare un percorso sicuro per i successivi arrampicatori. Allora ho cominciato a sostituire i chiodi con gli spit, cercando sempre di mantenere un carattere alpinistico sulla via.
Noi di Discovery Alps teniamo al tema dei cambiamenti climatici e vorremmo porti proprio questa domanda: alla luce dei cambiamenti climatici in atto, quali sono i rischi che un arrampicatore può incontrare in montagna in estate?
Oggigiorno i siti meteo sono molto utili perché ci aggiornano sull’evoluzione del tempo durante la giornata. Tuttavia, dobbiamo sempre stare un po’ con “le orecchie dritte” perché il meteo cambia molto più velocemente rispetto ad una volta. Possono arrivare delle perturbazioni improvvise, delle grandinate oppure anche dei fulmini molto più rapidamente rispetto a quello segnalato da una previsione meteo sul cellulare, essendo molto localizzata; ad esempio, può essere che a Cortina stiamo vivendo una situazione di temporale mentre nella valle opposta c’è il sole. Si verificano micro-perturbazioni a cui dobbiamo stare molto attenti. Quando vediamo che le nuvole cambiano colore diventando più scure, dobbiamo essere pronti a buttare giù le corde e scendere, perché potremmo essere investiti da un forte temporale che, su una parete o cresta, può diventare molto pericoloso.
Le imprese più significative di Mario Dibona Moro
- Nel 1990 dopo aver arrampicato in Francia, Spagna, Africa, America, Grecia, Mario Dibona ha iniziato ad esplorare le montagne più alte del mondo dall’Himalaya in Nepal alla catena montuosa del Karakorun in Pakistan, dall’Alaska alla Nuova Zelanda, fino ad arrivare in Perù sulla Cordillera Blanca e in Ecuador.
- Pumori – 7200 metri – via degli Spagnoli – Nepal
- Lobuche Peak – 6100 metri – via nuova – Nepal
- Cho-Oyu – 8200 metri – via normale – Himalaya, Tibet
- Alpamayo – 5900 metri – via Ferrari – Cordillera Blanca, Perù
- Gasherbrum II – 8035 metri – Himalaya, Pakistan
- Island Peak – 6150 metri – via diretta – Nepal
- Everest – 8848 metri – versante nord – Tibet
- Broad Peak – 8030 metri – cima centrale, via normale – Himalaya, Pakistan
- K2 – 8611 metri – Sperone Abruzzi – Himalaya, Pakistan
- Monte Elbrus – 5642 metri – Russia
- Monte McKinley – Alaska
- Monte Aspiring – Nuova Zelanda
- Vulcano Chimborazo – 6310 metri – Ecuador
- Apertura di diverse vie di arrampicata sulle Dolomiti
- Ha concatenato dopo 7 giorni e 6 notti tutte le cime importanti della conca cortinese in pieno inverno da solo e senza mai scendere a valle per rifornirsi.
- Appassionato della corsa in montagna, assieme all’amico Fabio Meraldi ha stabilito il record di 3 ore e 10 minuti correndo dal centro di Cortina fino alla cima della Tofana di Rozes e ritorno. Facendo complessivamente 4180 metri di dislivello.
- Appassionato di sci alpinismo e sci fuori pista, ha sciato su quasi tutti i ghiacciai delle Alpi e nei fiordi norvegesi, al monte Toubkal in Africa e sul monte Elbrus in Russia.
Per organizzare un’arrampicata con Mario Dibona “Moro” è possibile contattare www.dolomitiskirock.com