Il “cairn” o “ometto” di pietre è stato protagonista di un convegno tenutosi martedì 11 dicembre nella Sala dell’Alpinismo di Valpelline nella ricorrenza della Giornata mondiale della montagna delle Nazioni Unite.
Pietro Giglio (foto convegno), ideatore dell’incontro, ha introdotto i relatori che hanno cercato di ricostruire il “percorso” del cairn dalla preistoria ai giorni nostri, nell’ottica di delineare il futuro di questo simbolo dell’orientamento.
Annibale Salsa, antropologo e past president del Cai, ha disquisito sul valore simbolico del cairn: la pietra – in celtico kar – era ritenuto un concentrato di energia e di potenza salvifica.
Marco Onida, segretario generale della Convenzione delle Alpi, dal suo osservatorio privilegiato sull’Arco alpino, ha messo in evidenza come il cairn sia ancora diffuso su tutte le Alpi e che sopra i 3000 metri di quota sia più che mai attuale. Onida ha sottolineato come costruire un cairn sia un adattamento alla montagna senza volerla dominare, al contrario della toponomastica e ha fatto riferimento alla campagna dell’Alto Adige, dove l’introduzione sistematica della toponomastica in lingua tedesca diventa uno strumento politico per appropriarsi del territorio.
Willy Fellay di AlpTrekking ha ricordato che nel Vallese il cairn è chiamato “bonhomme”, termine simile all’“ometto” usato in Italia, e ha poi illustrato la “piramide”, un grande “ometto” dalle linee regolari, da lui progettato tenendo conto delle proporzioni dettate dalle misure dell’Uomo di Leonardo. La piramide si trova al Colle del Gran San Bernardo e segna il percorso di AlpTrekking, grande tour alpino che partendo dal Colle di Monte Moro, nel massiccio del Monte Rosa, raggiunge il Col du Montet, nel massiccio del Monte Bianco.
Una nota ironica è stata introdotta dal giornalista Enrico Martinet che ha ipotizzato come l’origine dei cairns derivi dall’esigenza dei montanari del passato di impiegare i sassi provenienti dagli spietramenti dei pendii per creare nuovi spazi di pascolo per il bestiame. Martinet ha inoltre invitato ad abbandonare l’uso del termine cairn in favore del più noto ometto: anche nel patois valdostano, lo si chiama “omo”.
Franco Michieli, geografo ed esploratore, ha raccontato con immagini, gli incontri con i cairns nelle catene montuose più lontane, dalle Ande all’Himalaya, passando per i grandi spazi dei paesi scandinavi e dell’Islanda. A detta di Michieli i cairns, unitamente agli altri elementi della natura quali il sole, il vento, l’ombra, sono sufficienti ad un escursionista attento e cosciente per muoversi nella natura senza ricorrere a cartelli e segni di vernice che diventano fonte di facile sicurezza ma anche di distrazione dalle bellezze circostanti. Infine Raffale Collavo, dell’ufficio sentieristica della Valle d’Aosta, ha illustrato le tipologie della segnaletica escursionistica valdostana, codificata e normata da un’apposita legge regionale.
La riflessione conclusiva del convegno è che il cairn possa essere sempre più impiegato nella segnaletica escursionistica in quanto elemento di rara eleganza nell’estetica del paesaggio alpino.La manifestazione ha fatto seguito all’inaugurazione del monumento al cairn, avvenuta domenica 9 dicembre a Valpelline.
L’iniziativa “Cairn: l’ometto delle montagne” fa parte del progetto SlowAlp che il comune di Valpelline ha sviluppato con la coopertiva Liber di Nicola Alessi. Il presidente delle Giunta regionale Augusto Rollandin e il sindaco di Valpelline Claudio Restano introducendo il convegno hanno sottolineato l’importanza di puntare a iniziative volte a una fruizione della montagna in funzione delle sue peculiarità. Con SlowAlp l’amministrazione di Valpelline continuerà a sviluppare progetti che privilegino il rapporto con l’ambiente montano e con coloro che lo abitano e presto saranno portate avanti altre attività, tra cui l’orienteering.