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È stato l’ultimo rifugio di Mario Merelli. Quello in cui l’alpinista ha fatto tappa nella tragica notte del 18 gennaio prima di avventurarsi sulle pendici del pizzo Scais risultate purtroppo fatali. Quasi un commiato, un saluto veloce al «suo» Coca, autentico nido d’aquile, all’ombra dei giganti delle Orobie, che d’ora in poi resterà legato al nome dello scalatore di Lizzola in maniera indelebile. Come il Baroni col Brunone. O il Curò per l’edificio nella conca del Barbellino. Il consiglio direttivo del Cai di Bergamo, durante la seduta di martedì sera, ha deciso infatti di intitolargli il ricovero a quota 1.892: si chiamerà «Rifugio Mario Merelli al Coca».

Un nome che suona già bene. Perché parla di uomini e montagna. Di quel filo sottilissimo, ma robusto, che li lega.
Basti ricordare il nome di un altro appassionato di montagna – Fausto Bossetti – che del rifugio era ispettore, anch’egli purtroppo prematuramente scomparso. Allo stesso Merelli – ne siamo certi – l’idea sarebbe piaciuta. Soprattutto per il modo in cui è nata.
 
La proposta è partita infatti in maniera spontanea e sentita da una ventina di promotori, una cordata di amici che, pur avendolo conosciuto a vario titolo, non hanno esitato a sostenere l’idea. Una sorta di ringraziamento corale «alla luce – si legge nella lettera rivolta al Cai – di tutto ciò che abbiamo ricevuto dal nostro Mario».
Il Club alpino ha risposto prontamente e, pur con accenti diversi, il consiglio si è espresso favorevolmente: «Era balenata – spiega il presidente Piermario Marcolin – l’ipotesi di considerare anche l’ostello adiacente al Curò in ristrutturazione proprio in queste settimane, abbiamo però convenuto che un rifugio alpinistico fosse meglio. Intitolare il Coca a Mario Merelli è certamente il modo migliore per onorare una figura destinata a restare nel cuore di tutti gli appassionati di montagna e nella storia dell’alpinismo non solo bergamasco».

Un gesto che è già stato apprezzato. Innanzitutto dai familiari: «È un’idea bellissima – ha commentato Mireia Giralt che di Mario è la vedova –; lui amava le Orobie, la sua terra: ne era un fedele ambasciatore; tutti coloro che lo hanno conosciuto sanno quanto amava parlarne, oltre che frequentarle».
«Dopo la scomparsa di Mario – aggiunge la sorella Raffaella – la vita è più dura, ma le parole, i gesti e la sensibilità degli amici aiutano: questa proposta di dedicargli il rifugio Coca ci rende un po’ più sereni e felici. È così anche per nostra mamma Luigina».

«Penso sia il regalo più bello che il Cai potesse fare a Mario – riassume il fratello Dino – grazie di cuore».
Sentimenti che sembrano riflettersi anche nella grande comunità alpinistica. «Trovo che sia un’intitolazione perfetta – ribadisce il grande Mario Curnis –: Mario se la merita: erano le sue montagne».
«Giusto – gli fa eco Simone Moro – è una scelta pertinente: il rifugio è la classica struttura per chi vive la montagna e Merelli la viveva a tempo pieno. Il Coca è il ricovero più arroccato delle Orobie all’ombra della sua montagna più alta. Anche questo ha un bel significato. D’ora in poi torneremo lassù ancor più volentieri».
Come se Mario fosse ancora lì ad aspettarci, accoglierci e incoraggiarci a salire insieme, per sempre.

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