I risultati del monitoraggio effettuato nel 2018 dal Corpo di Sorveglianza dell’Ente Parco, in collaborazione con gli operatori del Comitato Glaciologico Italiano, mostrano un arretramento medio di 22 metri tra i 57 ghiacciai controllati. L’arretramento più consistente è stato registrato nel ghiacciaio del Grand Etret, in Valsavarenche, che ha perso 130 metri rispetto alle rilevazioni effettuate nel 2017. Il bilancio di massa, cioè la differenza tra accumulazione e ablazione (che può avvenire per fusione e sublimazione), parametro che esprime meglio di altri lo stato di salute di un ghiacciaio, relativo al periodo 2017-2018, è risultato negativo. In particolare il bilancio netto specifico che indica lo spessore medio di acqua che il ghiacciaio ha acquisito o perso, è di quasi meno un metro di equivalente in acqua.

Nelle due foto, parete nord del Ciarforon, Valsavarenche: confronto 1921-2015. Si nota il progressivo assottigliamento della calotta del ghiacciaio (evidenziata in giallo sull’immagine più recente) e l’appiattimento del seracco con frane di detrito (in verde) che hanno reso impraticabile la salita alpinistica (in viola) – (foto storica di M.A. Gilardini, 2015 di Stefano Cerise)
Dal 2000 il ghiacciaio ha perso quasi un terzo della sua superficie.

Lo scioglimento dei ghiacciai comporta anche possibili pericoli diretti nel breve periodo, ne è esempio la formazione di laghi proglaciali come quello del Grand Croux in Valle di Cogne, per cui la scorsa estate è stata resa necessaria un’operazione di svuotamento con intervento d’urgenza, perché un’esondazione avrebbe potuto provocare una piena del torrente Valnontey con pericolose conseguenze per turisti e abitanti presenti lungo il corso dello stesso. Il lago è sorvegliato speciale da parte del Corpo di Sorveglianza, che sta monitorando la situazione in collaborazione con i tecnici della Fondazione Montagna Sicura.

«Il Gran Paradiso è in enorme difficoltà dal punto di vista nivologico, forse anche perché è la cima oltre 4.000 metri più a sud d’Italia. – spiega Stefano Cerise, Ispettore del Corpo di Sorveglianza del Parco – I ghiacciai a quote più basse sono quelli che hanno risentito maggiormente delle temperature elevate, nonostante l’inverno 2018 sia stato molto nevoso, con scioglimenti precoci che hanno causato il crollo di vie alpinistiche storiche, come quella sulla parete nord del Ciarforon in Valsavarenche».

I cambiamenti climatici non hanno conseguenze solo sul paesaggio ma anche sulla fauna dell’area protetta; i guardaparco hanno notato che, soprattutto nel caso dello stambecco, gli esemplari salgono sempre più di quota nei mesi caldi e si spostano alla ricerca di zone più fresche e riparate, su pendii esposti a nord.

Particolare rilievo ha anche l’aspetto ambientale della ricerca; il lavoro dei guardaparco viene condotto con un impatto nullo. Per raggiungere i luoghi delle rilevazioni infatti non vengono utilizzati elicotteri, ma solamente gli sci o i ramponi.