L’estate appena trascorsa è stata indubbiamente calda, con temperature che, per lunghi periodi, hanno superato di molto le medie storiche di riferimento. Oltre alle nostre sensazioni soggettive, a sancirlo sono i dati ufficiali. Ci riferiamo a quelli del programma Copernicus – programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, dedicato a monitorare il nostro pianeta – che confermano come la recente estate sia stata di gran lunga la più calda mai registrata a livello globale, con una temperatura pari a +16,77°C, con 0.66°C sopra la norma.
Stratigrafia nivologica al ghiacciaio del lupo – foto archivio SGL
Alla ribalta della cronaca recente, in evidenza i dati di Meteo Svizzera che ha comunicato di aver rilevato lo zero termico – dato registrato con un radiosondaggio sopra Payerne, in Svizzera, – nella notte tra il 20 ed il 21 agosto alla quota di 5.298 metri, valore che rappresenta il record della serie storica relativa a questo tipo di rilevazioni, avviate nel 1954.
Molti di noi vivono l’ambiente alpino e sono testimoni diretti dei cambiamenti in atto, soprattutto per quanto concerne i ghiacciai e la durata della copertura nevosa. Per cercare di comprendere i cambiamenti epocali cui stiamo assistendo, nell’arco di pochissime generazioni, abbiamo incontrato gli esperti del Servizio Glaciologico Lombardo, ed in particolare Riccardo Scotti, responsabile scientifico dell’associazione.
Ghiacciaio nel gruppo dell Cevedale-Ortles, agosto 2023 – foto archivio L.Lorenzini
Ci potrebbe presentare in sintesi il Servizio Glaciologico Lombardo (storia, membri, attività, …)?
Siamo una OdV nata 30 anni fa con l’obiettivo di studiare e monitorare i ghiacciai lombardi e soprattutto di divulgare i risultati anche al di fuori dell’ambito strettamente scientifico. Negli anni siamo cresciuti e oggi contiamo un centinaio di soci volontari che si occupano sia delle attività sul campo che includono anche la manutenzione di una rete di 4 sentieri glaciologici sul territorio, sia della divulgazione. Maggiori info.
Che ruolo svolge all’interno di questa realtà?
Da una vent’anni faccio sia l’operatore sul campo che il coordinatore della campagna glaciologica; da dieci anni sono anche il responsabile scientifico dell’associazione. Sono particolarmente legato ai ghiacciai delle Orobie, del Disgrazia e negli ultimi anni svolgo numerosi rilievi anche al ghiacciaio di Fellaria nel gruppo del Bernina, dove abbiamo sviluppato una rete di fotocamere che riprendono l’evoluzione del ghiacciaio in tempo reale.
Il Video Time-Lapse della fusione/ritiro del ghiacciaio del Fellaria, in alta Valmalenco (SO):
Dal Vs. punto di osservazione, l’estate 2023, che si appresta lentamente a concludersi, può essere catalogata come l’ennesima stagione di intensa fusione per i ghiacciai alpini? Quando usciranno i bilanci ufficiali?
La stagione 2023 in Lombardia è stata ad oggi (19 settembre 2023) molto negativa, la fusione è ancora in corso; i dati definitivi li avremo al termine dei nostri monitoraggi che stiamo svolgendo proprio in queste settimane. I valori di bilancio di massa dei ghiacciai saranno probabilmente molto negativi, secondi solo all’eccezionale estate scorsa (2022). Le cause sono state una stagione invernale molto deficitaria con ridotti accumuli nevosi, dal 45 al 20% rispetto alla media e soprattutto alle alte temperature estive, che hanno provocato tassi di fusione molto elevati, in particolare nel mese di luglio e nella seconda metà di agosto.
Ghiacciaio del Morteratsch, luglio 2022 – foto archivio L.Lorenzini
Qual è l’anno che potremmo definire di svolta, dal quale i ghiacciai alpini hanno cominciato inesorabilmente a ritirarsi/ridursi ad un ritmo elevato?
Il regresso glaciale è un fenomeno graduale non legato a particolari singoli episodi. Detto questo, una data simbolica può essere la grande alluvione del 1987 in Valtellina, che ha portato grandi quantitativi di pioggia anche a quote elevatissime chiudendo sostanzialmente la fase di avanzata degli anni 70-80 legata ad un leggero abbassamento delle temperature. Dai primi anni 90 i ghiacciai hanno iniziato a ridursi a ritmi sempre maggiori raggiungendo tassi di fusione mai visti prima. La velocità di riduzione areale degli ultimi 30 anni è fino a 6 volte maggiore rispetto al regresso medio del secolo precedente. Un altro momento di svolta è stata l’estate 2003, eccezionalmente calda che ci ha dato un anticipo di quello che si è poi ripetuto più volte negli ultimi anni.
Il team del Servizio Glaciologico Lombardo all’opera sul ghiacciaio – foto archivio SGL
Di questo passo, qual è la prospettiva temporale di vita dei ghiacciai alpini alle diverse quote?
Dobbiamo considerare che se anche le temperature dovessero smettere di aumentare, i ghiacciai continuerebbero a ritirarsi per decenni. Sotto i 3300-3500m il ghiaccio presente nelle Alpi è già oggi in completo disequilibrio. Questo lo vediamo dall’assenza di neve residua a fine estate per più anni consecutivi al di sotto di queste quote. Noi vediamo oggi i ghiacciai ma è come vedere un ghiacciolo sul tavolo della cucina appena tolto dal freezer, c’è, ma sappiamo che è solo una questione di tempo la sua scomparsa. I modelli glaciologici ci dicono che se riusciremo a ridurre drasticamente le emissioni stabilizzando le temperature a livello globale entro i +2°C dal periodo preindustriale, i ghiacciai si ritireranno ma verso fine secolo potrebbero stabilizzarsi e conserveremmo ancora il 40% del ghiaccio che vediamo oggi. Se invece le emissioni dovessero continuare ad aumentare andranno in crisi anche i ghiacciai sopra i 3500 m e rischieremmo di perdere quasi tutto il ghiaccio alpino.