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“L’Everest ha la febbre, dobbiamo combattere perché non si prenda la polmonite”. L’appello di Riccardo Beltramo, capomissione di un progetto di cooperazione internazionale del Dipartimento di Scienze Merceologiche dell’Università di Torino e del comitato Ev-K2-CNR, è arrivato dal suo telefono satellitare, durante la prima ricognizione di questi giorni in Nepal nella Piramide italo-nepalese a 5050 metri sul monte Everest.

Quello che preoccupa oggi, ad ormai 50 anni dalla prima scalata dell’Everest, è l’impatto che il turismo occidentale ha sui delicati equilibri ambientali di una zona come il parco Sagarmatha ed il monte Everest. Il turismo sta conoscendo una crescita esponenziale: basti pensare che è passato dai 600 visitatori all’anno degli anni ‘60 agli attuali 500mila. E di questi, almeno 70mila arrivano ogni anno in questa regione per fare trekking d’alta quota.

“E’ il momento di intervenire”, spiega Beltramo. “Siamo in Nepal per comprendere, attraverso la ricerca di contatti continui con le popolazioni locali, su quali elementi si possa intervenire per accrescere la consapevolezza ambientale di chi, travolto dalla massa di turisti ed ubriacato dai pochi dollari che cadono dalle loro tasche, non sa quanto gravi siano gli impatti ambientali e la non gestione degli stessi e manca di strumenti organizzativi. In relazione a quest’ultimo aspetto proviamo ad adattare il nostro Sistema di Gestione Ambientale ISO14001. Sarà emozionante vedere un Manuale di gestione ambientale scritto in Nepalese!”.

I ricercatori di Torino stanno mettendo a disposizione dei nepalesi la loro esperienza maturata dal 1997 con la prima ricerca europea sul Sistema di Gestione Ambientale del Rifugio Regina Margherita sul Monte Rosa (la struttura ricettiva per alpinisti più alta d’Europa) e con l’azione su 20 rifugi della Valle d’Aosta. ”Stiamo testando la nostra metodologia progettandola e condividendola con chi dovrà applicarla, aggiunge il professor Beltramo, e l’applicazione passa attraverso la comprensione del significato. In definitiva, si tratta di un incontro tra culture in cui non vi sono dominatori e dominati, ma vera e propria cooperazione internazionale”.





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