Locarno si conferma un festival poco attrattivo per il grande cinema, schiacciato com’è tra Cannes e Venezia. I suoi vantaggi competitivi sono tuttavia innegabili, primo fra tutti la Piazza Grande, unica al mondo, capace di trasformare una proiezione cinematografica in una grande e suggestiva festa popolare.
E poi la riproposizione di cose belle e difficili da trovare. Questa volta è la retrospettiva di Aki Kaurismaki, eccentrico e modernissimo autore finlandese, ad offrire cibo ai cinofili, insieme alla sezione ‘A propos du cinema’, una riflessione sui modi del cinema, tecnici e narrativi.
E’ in questa ultima sezione che è stato proiettato un inedito ‘cinediario’, una sorta di backstage girato a più mani in 16 mm, a cavallo tra il 1958 e il 1959, durante la lavorazione de ‘Il tempo si è fermato’, primo lungometraggio diretto da Ermanno Olmi.
La Cineteca di Milano lo ha scoperto e restaurato, digitalizzandolo e riversandolo in 35 mm per la proiezione in sala.
Olmi approda al suo primo lavoro di regista di lunghi dopo una significativa esperienza come autore di cortometraggi per conto della Edison, azienda per la quale lavorava. La gran parte furono girati in montagna, a documentare la colossale opera di costruzione delle dighe, delle condotte e delle centrali idroelettriche
Nella cronaca di un difficile lavoro, a quasi 3000 m, alla Vedretta del Venerocolo, sul gruppo dell’Adamello, emerge la capacità organizzativa, il rigore e la passione di un regista capace di far tesoro della sua esperienza documentaristica. Del resto anche ‘Il tempo si è fermato’ è stato sostenuto dalla Edisonvolta, in continuità con l’innovativa attività di comunicazione realizzata dall’azienda.
Insieme alla sua abilità tecnica e di direzione vien fuori una grande capacità di fare squadra, di mettere insieme con passione, entusiasmo ed autoironia un gruppo di lavoro in grado di realizzare un’opera tecnicamente quasi proibitiva per i mezzi dell’epoca.
Il film narra del rapporto tra un ragazzo ventenne ed un uomo maturo, addetti alla custodia di una diga, che costruiscono un rapporto intenso e solidale nella vita trascorsa dentro una fragile baracca di cantiere in alta quota.
Il messaggio del primo Olmi, uomo di speranza cristiana, è quello che poi, con sempre maggiore profondità e complessità espressiva, riproporrà in tutte le sue opere successive: la solidarietà , l’amore e soprattutto la fede come forze fondanti della vita sociale soprattutto nei momenti e nelle condizioni più difficili.