Non si seminano e coltivano nell'orto. Né tantomeno si comprano al mercato, magari a prezzo di primizia o di siccità.
Al contrario, si raccolgono semplicemente nei prati e nei boschi di montagna. Con un po' di pazienza e, naturalmente, conoscendole.
Sono le erbe mangerecce, dette genericamente erbette.
Non parliamo delle erbe aromatiche o medicinali in senso specifico, che di solito si usano in piccola quantità, ma di quelle che riempiono il piatto, o che perlomeno lo guarniscono bene. Dai ricercatissimi asparagi al più popolare tarassaco. Dalle punte di s-ciopét al farinoso buon enrico. E altre ancora.
In particolare il buon enrico (Chenopodium bonus – Henricus L.), che si trova fino a inizio estate intorno alle baite e di cui si utilizzano solo le parti più tenere (foglie, fiori e parte sommitale dello stelo) è degno della più buona verdura cotta: nulla da invidiare agli spinaci o alla catalogna. È dolce e gustoso e si può consumare, previa cottura, condito con olio e aceto. Oppure leggermente fritto nel burro insieme a formaggio grattugiato.
Garantiti la soddisfazione del palato e anche non disprezzabili effetti emollienti, depurativi, antianemici e moderatamente lassativi.