Le Alpi rappresentarono la sua prima avventura; poi il volo, il mare e il deserto. Il noto esploratore Ambrogio Fogar si è spento poco prima delle 2 del mattino del 24 agosto 2005, all’età di 64 anni. Dal 1992 era sulla sedia a rotelle a causa di un grave incidente automobilistico nel deserto.
Ambrogio Fogar nasce a Milano il 13 Agosto 1941. La passione per l’avventura la coltiva sin da piccolo e a soli diciotto anni arriva il momento della sua prima “missione”: decide di attraversare le Alpi con gli sci; e lo farà per ben due volte.
Poi si dedica al volo in paracadute: un grave incidente al 50esimo lancio lo ferma e allora consegue il brevetto da pilota per aerei acrobatici.
Dalla montagna al mare: nel 1972 si dedica al mare e attraversa in solitaria l’Atlantico del Nord. Nel gennaio 1973 partecipa alla regata Città del Capo – Rio de Janeiro.
Dal 1° novembre 1973 al 7 dicembre 1974 compie il giro del mondo in barca a vela in solitaria navigando da Est verso Ovest, contro le correnti e il senso dei venti. E’ il 1978 quando “Surprise”, la sua barca, nel tentativo di circumnavigare l’Antartide viene affondata da un’orca e naufraga al largo delle isole Falkland. Comincia la deriva su una zattera che durerà 74 giorni con l’amico giornalista Mauro Mancini. Fogar verrà tratto in salvo per coincidenze fortuite, l’amico perderà la vita.
Poi due mesi intensi in Alaska per imparare a guidare i cani da slitta. Fogar si trasferisce nella zona dell’Himalaya e successivamente in Groenlandia: il suo obiettivo è preparare un viaggio in solitaria, a piedi, per raggiungere il Polo Nord in compagnia di Armaduk, il suo cane.
Dopo queste imprese Fogar è già ben noto al grande pubblico e approda in televisione con la trasmissione “Jonathan: dimensione avventura”: per sette anni girerà il mondo in compagnia della sua troupe, riportando immagini bellissime.
Mancava un solo tassello al suo piano d’avventura, il deserto. E’ il 12 settembre 1992. Durante il raid Parigi-Mosca-Pechino la macchina su cui viaggia si ribalta e Ambrogio Fogar rimane nella circostanza gravemente ferito, con la seconda vertebra cervicale spezzata e il midollo spinale tranciato. L’incidente gli provoca una paralisi totale che gli impedisce, fra l’altro, di respirare autonomamente. Da allora la sua missione è stata ‘resistire’, immobile.