Presentata al pubblico la spedizione alpinistica femminile in Afghanistan Partiranno il 1 settembre le valdostane Anna Torretta, Eloise Barbieri e Roberta Vittorangeli e la romana Elisabetta Galli.
L’annuncio è stato dato lo scorso venerdì 18 luglio al Jardin de l’Ange di Courmayeur nel corso della serata del ciclo “Montagne di sfide” – rassegna organizzata da Comune in collaborazione con Grivel Mont Blanc – dedicata al recente viaggio di Eloise Barbieri tra i Nenet in Siberia.
«Sono parecchi anni che lavoro in modo specifico al tema “donne in montagna” e in particolare all’emancipazione della donna nell’alpinismo – afferma Anna Torretta – emancipazione che è ancora ben lontana. Per esempio in Italia non c’è al momento un istruttore donna delle guide alpine e le quote rosa in alpinismo sono irrisorie! In Valle sono alcuni anni che cerco compagne per una spedizione e adesso sembra finalmente arrivato il momento. Un’occasione più unica che rara». Annuiscono Eloise Barbieri e Roberta Vittorangeli.
Tutte e tre le valdostane (due sono anche guide alpine) vantano curriculum importanti, chi con salite estreme su ghiaccio e misto e vie nuove dalle Dolomiti alla Sardegna, chi con tre ottomila saliti senza ossigeno, chi con più di cento vie classiche tra Dolomiti e Alpi occidentali e più di cento cascate di cui trenta in prima salita. Elisabetta Galli dal canto suo è alpinista polivalente con all’attivo vie di roccia e su ghiaccio ed è istruttrice di alpinismo per Mountain Wilderness. Il progetto afgano sembra essere proprio un’opportunità.
La spedizione è la prima femminile in assoluto e la seconda, dopo 23 anni di assenza di alpinisti stranieri, nel territorio afgano del Wakhan. Solo Mountain Wilderness ha infatti organizzato nel 2003 una spedizione alpinistica internazionale al Noshaq, 7492 metri, la montagna più alta dell'Afghanistan, la cui vetta è stata raggiunta da Fausto De Stefani.
Il programma ha un importante obiettivo per le donne afgane, oltre a essere la prosecuzione del lavoro che Mountain Wilderness stessa svolge in Afghanistan da alcuni anni con corsi di formazione per organizzatori di trekking e spedizioni alpinistiche, guide di media montagna e guardaparco. Lo scorso anno un gruppo di allievi, tra cui tre donne, aveva seguito un corso di specializzazione in Valle d’Aosta.
«La spedizione vuole parlare di emancipazione della donna in un contesto ben diverso da quello “italiano” e “alpinistico” – spiegano le tre scalatrici – ma purtroppo non è arrivata per le ragazze afgane l’autorizzazione dell’Aga Khan Development Network a salire con noi la via normale del Babatangi e forse per quest’anno dovremo rinunciare a questa finalità». Tuttavia sono in corso contatti con l’associazione “Noi Donne” che da anni opera in Afghanistan e con la RAWA, Revolutionary Association of the Women of Afghanistan.
La seconda parte del progetto consiste nel cercare di salire il Babatangi dallo sperone Nord, per una nuova e impegnativa via di misto, in stile alpino, «sempre e soprattutto per parlare della condizione femminile in Afghanistan».
Il Babatangi (6517 metri) si trova nella regione Nord – Ovest dell’Afghanistan, il Wakhan, detto anche “paese dei picchi di giada”. Nello scenario afgano il Wakhan, che confina a nord con il Tagikistan, si presenta come un’oasi di pace, esente da coinvolgimenti militari per motivi geografici e culturali. L’avvicinamento dal Tagikistan permetterà alle alpiniste di arrivare nella zona del campo base senza attraversare le aree interessate tuttora da disordini.