Il Cervino Cinemountain, giunto alla XV edizione, premia con il Grand Prix des Festivals-Conseil de la Vallée “Goodbye Tibet” dell’austriaca Maria Blumencron, già vincitrice al festival di Graz. La regista racconta la storia di sei giovani fuggiti dal Tibet quando erano ancora bambini e degli uomini che li hanno aiutati, personaggi che lei ha conosciuto fin dal loro arrivo oltre confine e che ha seguito e sostenuto per anni. La giuria, composta da Mathias Fanck, nipote di Arnold, uno dei padri della cinematografia di montagna e regista a sua volta, da Eloise Barbieri, viaggiatrice e regista, e da Pino Brambilla, presidente della commissione cinematografica del Cai, ha poi assegnato il premio Vie de montagne a “Piccola Terra” di Michele Trentini che ritrae la realtà contadina della Valsugana, toccando temi quali l'integrazione, il ritorno alla terra e il recupero di un territorio in abbandono; il premio Club Alpino Italiano per il miglior film di alpinismo a “Grand libre au Grand Cap” del francese Bertrand Delapierre; il premio Eco Mountain, sostenuto dall'Assessorato regionale dell'ambiente e territorio a “!Vivan las antipodas!” di Victor Kossakowski già vincitore della Genziana d’oro a Trento. «Questo film – scrivono i giudici – ci presenta un'immagine del mondo “sotto sopra” e con il suo ritmo lento, accompagnato da una musica appropriata, lascia ampio spazio allo spettatore per riflettere sull'unicità della terra e dei suoi abitanti». Infine “Voyage au bout de l'hiver” di Anne et Erik Lapied, interamente girato in Valsavarenche, ha ottenuto il premio Sony Italia per la miglior fotografia. Il premio del pubblico è andato al film di Hervé Barmasse “Non così lontano”, racconto delle tre nuove ascensioni portate a termine lo scorso anno in Valle d’Aosta.
La XV edizione del Cervino cinemountain è stata ridotta nella quantità di eventi, ma non nella qualità dei film a concorso e dei momenti di incontro con personaggi, alpinisti e sciatori. Il pienone della sala congressi del centro polivalente di Valtournenche la sera di lunedì 13 agosto per la presentazione di “Verticalmente démodé”, film sull’arrampicatore feltrino Manolo, e l’incontro con il regista Davide Carrari, ha dimostrato quanto sia vivo l’interesse del pubblico per l’alpinismo e la personale ricerca e le motivazioni di un’ascensione. Grande novità di questa edizione è stata la costituzione dell’”Associazione culturale Monte Cervino” che, come ha sottolineato il presidente Antonio Carrel, si occuperà in futuro di organizzare il festival, programmandolo un anno per l’altro e non due mesi prima come è stato per l’edizione 2012.
A conclusione del festival martedì 14 agosto dopo le premiazioni e la proiezione della copia restaurata di “Cervino 1911” musicata dal vivo da Ezio Borghese, Enrico Montrosset ha condotto un dibattito sulla forma della montagna. Erano presenti quattro grandi alpinisti: Kurt Diembergher, Alessandro Gogna, Christophe Profit e Hervé Barmasse, che in una continuità temporale hanno scritto pagine memorabili sul Cervino e sulle montagne di mezzo mondo. Non è stato facile rispondere al quesito se nel caso della montagna la “forma” trascenda la sostanza di pietra o si identifichi con l’entità montagna. «Senza forma non esiste montagna» ha affermato lapidario Hervé Barmasse e Christophe Profit ha ricordato come gli alpinisti siano sensibili all’architettura della montagna, anche se esiste una percezione individuale delle forme. Per questo ci sono delle montagne che ti prendono l’anima, come è stato il K2 per Kurt Diemberger, o ti fanno capire di essere di fronte alla forma perfetta, come è stato El Capitan per Alessandro Gogna. Parlando infine della forma della montagna di casa, che campeggiava sui manifesti della XV edizione del festival, l’ormai ottantenne Kurt Diemberger ha affermato: «Il Cervino è “talmente” armonico che si è stampato nel cervello della gente e molte montagne sono paragonate a lui: il Cervino dell’Himalaya, del Karakorum e così via».