Il 16° “piolet d’or” assegnato agli sloveni Marko Prezelj e Boris Lorencic per una nuova via in stile alpino sul Chomo Lhari. Venerdì scorso 26 gennaio la giuria, formata dagli alpinisti, vincitori o nominati del Piolet d’or delle passate edizioni, Michel Piola, Steve House, Vince Anderson, Yuri Koschelenko, Christian Trommsdorff, dai giornalisti Vinicio Stefanello, Im Duck Yong e dalla redazione di Montagnes Magazine, ha deciso tra cinque imprese tutte di grande valore. Il premio del pubblico è andato invece a Pavle Kozjek per la sua via nuova in solitaria sul Cho Oyu.
Il prestigioso trofeo, una piccozza old fashion placcata oro, offerta dalla Grivel, è il premio Oscar degli alpinisti e Marko Prezelj lo ha vinto per la seconda volta. Nel 1991 si portò a casa il primo piolet d’or con Andrei Stremfelj, per aver aperto in stile alpino una nuova via sul pilastro sud del Kangchenjunga (Himalaya, 8476 m), 3000 metri di roccia e ghiaccio con difficoltà VI A2. Quest’anno l’ha ottenuto con Boris Lorencic per l’itinerario aperto sul pilastro nord ovest del Chomo Lhari alla frontiera tra Tibet e Bhutan: circa 2000 metri classificati VI, M6+ (o forse M7). Una via che, come ha dichiarato lo stesso Prezelj, non è stata impegnativa solo per le difficoltà tecniche, ma soprattutto per il vento e le condizioni della parete: logistica e scelte tattiche hanno permesso ai due di completare salita e discesa in soli sei giorni.
Marko Prezelj, 42 anni, è ingegnere minerario, guida alpina, alpinista professionista e fotografo di montagna; ha all’attivo impegnative vie nuove, tutte rigorosamente in stile alpino, sulle montagne di tutti i continenti e nel 2001 è stato nominato al Piolet d’or con Stephen Koch per la via aperta sul Monte Hunter in Alaska.
Il premio del pubblico è andato all’altro sloveno in gara, Pavle Kozjek, per la sua nuova via solitaria, percorsa in sole 15 ore , sul Cho Oyu: non una semplice corsa se le difficoltà sono state valutate VI e 4+.
Non da meno sono tutti gli altri “nominati”. Denis Urubko e Serguey Samoilov, freschi vincitori del Piolet d’or Asia per la nuova via del Manaslu, erano alla seconda nomination. I britannici Tim Emmet e Ian Parnell hanno brillato per entusiasmo e originalità con la loro via sul pilastro sud est del Kedar Dome nel Garwhal indiano: Tim Emmet, arrampicatore dalle mille sfaccettature, si è conquistato un posto nel grande alpinismo himalayano alla sua prima esperienza in alta quota, Ian Parnell, per le sue impressionanti imprese in alta montagna, è alla terza nomination al Piolet; insieme hanno tracciato una via di 2000 metri ED+ 6c, M3, salita in stile alpino in sette giorni completamente a vista e in libera. Infine gli ucraini Igor Chaplinsky, Andrei Rodiontsev e Oret Verbitsky con una via logica ed estetica sul Shingu Charpa (5600m) hanno affrontato difficoltà fino al 7a+ su roccia, M5 sul delicato misto sommitale e un “engagement” di VI, in 5 giorni di salita e due di discesa.
L’edizione 2007 del Piolet d’or, caratterizzata tra l’altro dal ritiro dalla giuria del Group Haute Montagne (con la motivazione che è impossibile scegliere tra imprese tutte di grande valore) ha sicuramente premiato l’alpinismo sloveno: l’ex repubblica jugoslava conta due milioni di abitanti e 100.000 iscritti ad associazioni alpinistiche. Gente giovane, con relativamente pochi soldi ma molta voglia di fare e di conquistarsi un posto sul palcoscenico alpinistico internazionale. Al di là della storia personale dei tre sloveni dell’odierno Piolet d’or, viene da ripensare al giudizio di Reinhold Messner di qualche anno fa: “Gli alpinisti sloveni sono i più forti del mondo”, aveva affermato e il Piolet d’or 2007 sembra dargli ragione.
Testo di Oriana Pecchio
Foto di Giulio Malfer e Grivel Mont Blanc