Sul suo braccio Marco Confortola dice di «aver lasciato il posto» per tatuare 14 stelle alpine, tante quante sono le vette degli Ottomila. E presto le sei attuali stelle potrebbero salire a sette. Ha scelto la serata promossa ad Aprica da CAI, Comune e Pro loco l'alpinista di Valfurva – dopo l'incidente nel luglio 2008 quando durante l'ascesa del K2 a causa del crollo di un seracco sul collo di bottiglia, morirono undici alpinisti e dopo la rinuncia al Lhotse quest'anno – per annunciare la sua nuova spedizione: l'ascesa al Dhaulagiri, la cosiddetta "Montagna bianca" alta 8.167 metri, il settimo monte più alto della terra, la maggiore cima situata interamente in un'unica nazione. Si trova infatti in Nepal e fa parte della catena dell'Himalaya, 35 km a est dell'Annapurna.
Marco partirà ad aprile insieme allo sherpa Pasang, che lo ha accompagnato nelle ultime spedizioni e che è diventato più un «socio» che una guida. «Ad ora nella mente mi frulla la meta del Dhaulagiri – ha confessato l'lpinista – ma non si sa mai che da qui ad aprile mi vengano altre idee. Quello che è sicuro è che ho voglia di ripartire». Titolo significativo della serata "Ricominciamo" che lega a doppio filo il CAI Aprica organizzatore: «Il nostro obiettivo è di ricominciare con la costruzione del rifugio Valtellina bruciato», ha detto il presidente Marco Negri. E Confortola: «Mi sono state amputate le dita dei piedi, ma mi sono rimesso in "piedi", voglio far capire che non bisogna mollare mai. E io ho la testa dura, come tutti i Valtellinesi. Ad aprile partirò, poi ho in progetto un libro in cui racconterò il dopo K2 e che si intitolerà "Ricominciamo" o "Ricominciare", con magari in copertina una mia bella foto dell'ennesimo Ottomila raggiunto, dopo Everest (2004), Shisha Pangma (2005 e 2006), Annapurna (2006), Cho Oyu (2007), Broad Peak (2007), K2 (2008)». Col suo fare da "amicone", ruvido ma simpatico, Confortola ha riempito la sala del Centro Direzionale e ha animato un dibattito che non voleva finire più, tante erano le domande e le curiosità del pubblico. Ne è uscita ancora una volta la figura di un ragazzo 39enne sostenuto dalla grande passione per la montagna, dai principi di una vita sana all'insegna dello sport e del divertimento fino al limite consentito, di un montanaro che ricerca sì l'avventura, ma non per dare un senso alla sua vita. «Prima c'è il lavoro e i miei lavori sono la guida alpina, il maestro di sci e il soccorritore. Poi viene il resto. Anche l'allenamento per le prossime spedizioni che faccio di sera, quando non sono stanco, dopo il lavoro. Parto con le pelli di foca, tre o quattro volte la settimana, per salire mille metri di dislivello». Per Confortola il prossimo Ottomila sarà una nuova sfida che viene dopo il grave incidente sul K2 e la rinuncia all'ascesa del Lhotse, dovuta al forte male ai piedi.
«Il K2 mi ha segnato, anche oggi facevo fatica a fare lezione sugli sci perché mi facevano male – ha aggiunto. E quello che ha influito sulla salita del Lhotse non è stato l'aspetto psicologico, ma solo il grande freddo ai piedi. Le dita non ci sono più, ma il tallone e il resto sono ancora più sensibili. Non so se siano pronti per partire, ho fatto fare dei plantari che tengano caldo il piede. Lo spero, ma sono determinato». Per scherzo, o forse neanche conoscendo quanto sia matterello, Marco Confortola ha detto che non gli dispiacerebbe neppure attraversare gli oceani in barca a vela (quella a remi la lascia ad Alex Bellini) in compagnia proprio del navigatore solitario di Aprica e suo amico. Ma è l'attrazione per la montagna e per le vette quella che lo ammalia di più e che caratterizza a tutto tondo la sua vita. Vita spericolata, piena zeppa di aneddoti – curiosi, originali e divertenti – che ad Aprica l'alpinista di Valfurva ha raccontato con sincerità al folto pubblico del centro congressi che lo ha subissato di domande, a testimonianza di quanto il personaggio interessi e piaccia alla gente. Aneddoti, dicevamo. Come quando Marco si è ritrovato a barattare slinzeghe per calze. «Era una giornata di sole, avevo lavato le calze e appese per farle asciugare. Insomma me le hanno portate vie tutte – ha detto. Ero completamente denudato di calze e come potevo fare a continuare? Così sono dovuto andare dagli Irlandesi per barattare le mie slinzeghe con calze». Eh sì perché le slinzeghe non mancano mai nel bagaglio di Marco. Neppure sugli Ottomila. La sua alimentazione è costituita da tutto quello che si possa desiderare, anche – per usare un termine gergale valtellinese – le «cionate», ovvero qualche cibo non troppo sano, come patatine, snack, crema di cioccolato. Immancabili i bidoni con quintali di segale, formaggi, salumi. «Anche olive e capperi, che a casa non mangio mai, ma visto che devo bere l'acqua sciolta della neve senza sali, il mio corpo li richiede in quota».
Come ti vesti durante l'ascesa, ha chiesto uno spettatore. «Indosso una maglia di lana merinos attaccata alla pelle, di quelle che pizzicano bene e poi strati di maglie e tute sopra. Siamo vestiti, ma abbiamo freddo comunque».
Il pubblico non è sfuggito alla curiosità di chiedere quanto costi una spedizione. «Dipende dalla meta e se la fai con o senza ossigeno – ha risposto Marco. Ma il costo oscilla sui 30-40mila euro per le mete meno ambite, 50-60mila euro per quelle più richieste, con ossigeno». E le persone che oggi vogliono provare l'ebbrezza di un'ascesa sono molte, tanto che al campo base sembra di essere ad un "K2 turistic village", ha azzardato la battuta un signore.
C'è poi la questione dei rifiuti. Spesso gli alpinisti vengono accusati di sporcare la montagna, ma Marco ha risposto: «Oggi gli sherpa, che ci accompagnano fino in cima e sono per noi come dei compagni, vengono pagati per chilo di rifiuti che riportano a valle. La montagna viene pulita e loro sono contenti perché guadagnano».
Infine una volta raggiunta la vetta, quanto si rimane e cosa si fa, oltre alle foto di rito? «Anche qui dipende dalle condizioni meteorologiche e dall'ora, ma quando si può mi è capitato di distendermi per un'ora nella neve a guardare il cielo». E poi dritto a casa per ritrovare le cose più ambite: il letto, una doccia calda e l'acqua del rubinetto (da www.abriga.it).