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Ormea (Cn) – Dopo più di quarant’anni a Ormea sono tornati gli Aboi. Chi siano ce lo spiegano i soci della sezione CAI di Ormea, che hanno studiato e riportato in vita quest’antica tradizione, di cui si è svolta, ad agosto, un’inedita versione estiva: “Aboi è termine ormeasco che si trova anche nel linguaggio occitano e deriva da “Abbazia, Abbadia”, con cui s’intende sia il gruppo dei partecipanti e sia la festa che si svolge durante la settimana di carnevale”. Gli Aboi erano protagonisti di un rituale che oggi le agenzie di viaggio proporrebbero come trekking enogastronomico. I giovani di alcune frazioni di Ormea si radunavano il lunedì della settimana di carnevale e iniziavano il peregrinare tra le borgate della valle. Restavano fuori casa per tutta la settimana raccogliendo uova, vino e altri viveri dai residenti. Avevano a disposizione un mulo, che utilizzavano per il trasporto di quanto riuscivano a raccogliere, ma soprattutto per portare la damigiana che riempivano a Eca, a quei tempi cantina della valle con le sue vigne ben esposte.



Naturalmente il gruppo era formato solo da maschi: le ragazze non potevano restare fuori casa per così tanto tempo. Gli Aboi venivano ospitati dalle famiglie locali; durante il giorno e la sera organizzavano balli e canti, conoscendo le ragazze del posto e divertendosi alle spalle dei sempliciotti. Per la notte i numerosi fienili offrivano un ottimo riparo. La domenica di carnevale, a conclusione della manifestazione, si preparava un banchetto (“a ribota”) con tutto ciò che erano riusciti a raccogliere nel loro peregrinare tra le numerosissime borgate lungo il tracciato dell’attuale “Balconata di Ormea”.



La ricerca dei soci CAI ormeaschi ha rispolverato minuziosamente i dettagli del rito: dai sgargianti costumi degli Aboi, decorati con nastri colorati pieghettati (“i bindeli”), alla ricostruzione dei ruoli dei diversi personaggi (il Bleu, l’addetto alla questua tra le case, i Nairi, ballerini e cantanti che rappresentano i maschi, i Gionchi, in numero pari ai Nairi, che rappresentano le donne, i Patocci, muniti della terribile “patlaca”, una mazza di legno con lamelle che, agitate, producono un rumore assordante, il Sunau con la sua fisarmonica). Per il “ritorno sulle scene” i nuovi Aboi si sono concessi anche qualche piccolo “aggiornamento”: l’introduzione dei balli occitani, in mancanza – per ora – di riscontri di danze locali e la scelta di un simbolo del gruppo, il sole a 24 raggi che compare scolpito sull’architrave di una delle case più antiche della città.



Dietro la chiassosa allegria del gruppo, si nascondono, però, significati e valori tutt’altro che festaioli. “La badia è stata, nel corso di diversi secoli, un sistema sociale volto all’iniziazione dei giovani nella società e una più vasta organizzazione che favoriva ritualmente il passaggio da una classe d’età ad un’altra. Essa interessa non solo il rito di passaggio alla maggiore età ma tutti i periodi della vita umana. E’ dunque una struttura rituale popolare che in qualche modo accompagna l’uomo nei passaggi più delicati della sua esistenza”, raccontano i ricercatori ormeaschi.









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