Martedì 10 settembre, alle ore 21, 418 runner sono partiti dal Gressoney Sports Hall, a Gressoney-Saint-Jean, per il TOR130 – Tot Dret, la gara da 130 km con 12.000 metri di dislivello positivo giunta quest’anno alla sua terza edizione, terza e penultima delle competizioni del TOR X, il decennale del Tor des Géants®.
Gli atleti dovranno percorrere l’ultima parte del percorso del TOR entro 44 ore, ma l’arrivo dei primi è previsto già tra le 20 e le 21 di mercoledì 11: il record appartiene a Marco Mangaretto, che l’anno scorso per poco non scese sotto il muro delle 24 ore (24h01’07â€), mentre la prima edizione era stata vinta da Cesare Clap. Al femminile, nell’albo d’oro figurano le vittorie di Francesca Pretto e Giuditta Turini.
Ci sarà una sola base vita, a Oyace (km 71,80), e quattro cancelli orari oltre a quello di Courmayeur: Valtournenche, Oyace, Ollomont e Bosses.
Diversi gli atleti da tenere in considerazione per la vittoria finale: dallo spagnolo Julio Cernuda Aldecoa, 48° al TOR 2016, ai padroni di casa Giuliano Cavallo e Marco Bethaz, ma anche il biellese Gianfranco Saitta o il bresciano Dino Melzani. Tra le donne, buone chance di portare a casa un risultato di prestigio per Marina Cugnetto e Antonella Manzoli.
Al TOR X Bosatelli all’ultima notte
Il Tor des Géants® entra nella fase decisiva con gli ultimi 60km da percorrere tutti d’un fiato. Sembrava dover essere un testa a testa tra Oliviero Bosatelli e Galen Reynolds, distanti solo un’ora a Valtournenche. La svolta, però, al Rifugio Magià , dove sia Reynolds che Romain Olivier hanno fatto una lunga sosta per dei problemi fisici che sembrano comprometterne le possibilità di lotta finale. Bosatelli vola quindi verso l’ultima notte di gara, che dovrebbe portarlo a Courmayeur prima dell’ora di pranzo. Dietro di loro, più staccato, Danilo Lantermino, capace di scavalcare in mattinata sia il francese Sebastien Raichon che Gianluca Galeati.
Resta senza storia la gara al femminile, con una solidissima Silvia Trigueros Garrote che viaggia in nona posizione generale, rifilando più di due ore a Jocelyne Pauly e più del doppio a Sonia Furtado.
Tor des Glaciers, i leader allungano le distanze
Donnas è al giro di boa del Tor des Glaciers, perché posto a 226 km dalla partenza e, dunque, a 224 dall’arrivo. E come ogni giro di boa è delizia e dolore per ogni concorrente. Delizia, perché i chilometri che restano da fare, seppur ancora molti, vanno comunque a scalare: ad ogni passo in avanti e a ogni colle superato il traguardo è sempre più vicino. Psicologicamente aiuta. Dolore, perché la stanchezza nelle gambe e nella testa è davvero tanta e tanta ne resta ancora da incamerare, quindi se non si hanno motivazioni più che valide per andare avanti la tentazione è quella di lasciar perdere, di slacciare le scarpe e ripiegare i bastoncini. A Donnas, dunque, c’è chi ha ritrovato nuova carica e chi invece si è ritirato, anche perché nella località di bassa valle era posto un cancello orario e alcuni concorrenti non sono riusciti a oltrepassarlo in tempo utile. Qualcuno ha accennato a proteste, com’era prevedibile, ma bisogna tener conto che il cancello orario è un salvavita. Insomma, se non lo si riesce a raggiungere dopo un certo numero di ore, sarà assolutamente impossibile arrivare poi al traguardo in tempo utile, in questo caso entro le 190 ore dalla partenza. Perché nella seconda parte del percorso la stanchezza non può che aumentare e il passo, di conseguenza, rallentare. Perciò inutile sottoporre il proprio fisico a una sfacchinata senza senso.
Chi sembra non avere di questi problemi sono i leader della classifica maschile, Luca Papi, e di quella femminile, Marina Plavan.
Il trentottenne atleta varesino, in gara per la Francia perché a Parigi risiede e lavora, ha rimirato a lungo il Cervino dai 2556 di Plan Maison, posto giusto al km 333, per poi salire al rifugio Duca Degli Abruzzi, a 2810 metri, scendere alla Finestra di Cignana e rimontare fino al Rifugio Perucca Vuillermoz, mettendosi in tasca un’altra ventina di chilometri. La pinerolese Plavan invece del Cervino vede il Monte Rosa, dalla base di Gressoney. Alle spalle di questi due giganti d’alta quota c’è un lungo tratto di tracce deserte, perché gli inseguitori sono ormai piuttosto indietro