A Predazzo, in Val di Fiemme, giovedì 11 novembre 2010 a partire dalle ore 20.00 appuntamento con i tradizionali Fuochi di San Martino. All'accensione dei Fuochi seguirà una sfilata per le vie del paese con campanacci e un raduno finale nella piazza SS. Filippo e Giacom, dove ci si potrà scaldare con un bicchiere di tè o vin brulé.
Domenica 7 novembre 2010, dalle ore 13.30, sempre a Predazzo appuntamento con una sorta di anteprima dei Fuochi con “La tonda delle asse”, passeggiata libera alle cataste di legna, nel corso della quale si potranno visitare le cataste: piazza – Fuoco di Sommavilla – Fuoco di Ischia – Fuoco de "La Bira" – Fuoco di Molin – Fuoco di Pè de Pardac. Presso ogni catasta saranno offerti castagne e vin brulè.
Lo storico prof. Arturo Boninsegna di Predazzo, ci racconta, nei dettagli, questa tradizione dell'11 novembre.
Ecco quanto succede brevemente la sera di San Martino. Poco dopo il suono dell’Ave Maria, quando ormai sono passate le otto, si accendono improvvisamente fuochi grandiosi sui fianchi delle montagne. E’ punto di orgoglio dei vari rioni riuscire a far salire le fiammate più in alto di tutti.
Mentre i fuochi ardono, su Predazzo dall’alto piovono rintocchi isolati di campanacci, suoni di corno di vacca o di capra che preludono alla seconda parte della festa tradizionale, non più soltanto visiva, ma sonora.
Infatti, mentre i fuochi si abbassano, da essi i gruppi rionali si precipitano nella piana del paese scuotendo campanacci e bidoni, battendo ogni oggetto che faccia rumore, dalla sega circolare infilata in un palo, sostenuta da due giovani e percossa da un terzo, ai recipienti di latta; ci sono corni, trombe, tromboni e trombette, tamburi e tamburelli.
Nella festa mancano del tutto le tradizioni culinarie, segno quanto mai chiaro della miseria in cui si sono tramandati questi riti propiziatori, e assente è anche un costume tipico. I giovani dei due sessi vestono modestamente, tutt’al più rispolverano certe vecchie “braghe” o gilè o i lunghi mantelli neri di una volta; numerosi i cappellacci, gli zoccoli e gli scarponi.
Tutti i gruppi in un baccano assordante percorrono a passo svelto le vie del paese per ritrovarsi tutti in piazza dove tutti contemporaneamente cercano per un minuto di estrarre dal loro strumento il suono più alto, potente e stridulo.
La tradizione dei fuochi di San Martino si è rinvigorita negli ultimi anni sia nella grandiosità e sonorità della manifestazione serale che in tutte le fasi preparatorie che la precedono per tutto il mese di ottobre. La raccolta della legna tiene impegnati numerosi ragazzi che vi dedicano i tiepidi pomeriggi d’autunno: cercano rami, piante secche, d’abete, di larice, di pino. Quest’attività è in parte segreta perché la maestosità della catasta deve apparire solo nel giorno di San Martino.
La settimana che precede San Martino c’è tra i ragazzi la corsa all’accaparramento dei campanacci presso quei pochi contadini che ancora li conservano gelosamente.
Riguardo all’origine della festa ben poco si può dire: fino a qualche decennio fa questa tradizione era più semplice, limitata ai fuochi intorno ai quali i giovani giravano agitando vecchie scope infuocate. Quest’ultimo particolare ci ricorda i riti magici. Il fuoco stesso è elemento indispensabile in ogni stregoneria.
Popolarmente è viva anche questa spiegazione: l’11 novembre avveniva in tutte le comunità rurali il regolamento dei conti, dei fitti, dei prestiti, dei debiti: a Predazzo poi in questo giorno la Regola Feudale “spartiva”, distribuiva un dividendo dei proventi ricavati dallo sfruttamento agricolo e forestale della montagna del Feudo (Monte Feudo) tra tutti i capifamiglia “vicini” che costituivano una parte notevole – due terzi circa – di tutti i “fuochi” o famiglie. Nulla quindi di meglio che celebrare con un po’ di castagne e vino (comperati fuori valle) e con i falò la fine di un debito, la soluzione di un pegno, la manna di qualche lira che invitava ad aver fiducia, di fronte all’inverno imminente, nella fertilità dell’annata successiva.