Auditorium dell’hotel Il Chiostro di Verbania al completo giovedì 26 giugno sera per la proiezione de “Il vento fa il suo giro”, evento del ciclo (r)esistenze del festival di letteratura, viaggio e avventura di montagna “Lettteraltura”, a Verbania fino a domenica 29 e nelle valli vicine nei week end di luglio.
Un inconveniente tecnico ha interrotto il film un po’ oltre la metà, ma una platea attenta e rilassata, pronta ad accettare gli imprevisti delle moderne tecnologie con la sapienza dei montanari, anziché protestare ha colto l’occasione per dialogare con il regista Giorgio Diritti e l’attore protagonista Thierry Toscan, francese di origine, ma residente a Treviso. La promessa degli organizzatori è comunque di ripetere al più presto la proiezione.
La pellicola è nata da un’idea di Fredo Valla, intellettuale montanaro da anni ritiratosi nel villaggio di Ostana, in Valle Po. "Lo spunto iniziale è venuto da esperienze che Fredo ha vissuto anni fa in prima persona" ha rivelato il regista e co – sceneggiatore Giorgio Diritti. Il risultato è stato un film che ha vinto premi e, nonostante alcune difficoltà iniziali di distribuzione, dal 2005 continua ad essere in programmazione in alcune città e a girare per rassegne e festival. Forse perché il film tocca la problematica dell’estraneo che arriva in una comunità “chiusa”, con punti di riferimento fissi, difficili da cambiare e d’altra parte affronta i temi dello spopolamento della montagna, del degrado del territorio se abbandonato, della difesa di valori atavici che sarebbero, come ha ribadito Thierry Toscan «fonte di soddisfazione della vita».
Si tratta di occasioni di rinascita che apparentemente non vanno bene perché “invadono” i territori personali, e toccano il senso della proprietà, si parla di lavori comunitari un tempo praticati nei villaggi e poi lasciati, si pone il problema di come accettare gli altri, il “diverso” ( e lo straniero non è l’unico ad essere “diverso”) e di come guardare dentro se stessi. Il protagonista Philippe, ex insegnante, diventa pastore per scelta motivata da orgoglio, amore per la natura e dei suoi ritmi, per godere dei paesaggi alpestri, ben resi nel film dall’ottima fotografia.
Ma quanti riuscirebbero a vivere in una casa senza bagno, lavando i panni al lavatoio con l’acqua fredda, con la natura nuda e cruda come unico riferimento?
La conclusione? Gli spettatori di Letteraltura, quelli almeno che non avevano ancora visto il film, potranno per ora inventare la loro conclusione in attesa di vedere la soluzione scelta dagli autori; pensare a un finale di riconciliazione al suono della ghironda, o uno alla Heidi, dove la montagna è linda e pulita e le capre non puzzano o uno che rispecchia di più la “tragicità” della vita (di montagna e non), sulla falsariga delle novelle valdostane di Giuseppe Giacosa. Oriana Pecchio