A chi appartiene la vetta del Monte Bianco? Si trova in territorio francese o è equamente divisa tra Italia e Francia? Una questione di lana caprina o un antecedente “di montagna” alla politica del nuovo presidente francese che pare voler mettere le mani su aerei e donne di italica provenienza?
La questione è oggetto di uno dei capitoli del secondo volume de “Le grandi Alpi nella cartografia: 1482 – 1885” di Laura e Giorgio Aliprandi, Priuli & Verlucca editori, appena uscito nelle librerie. Il metodo dell’analisi scientifica, denominatore comune della formazione professionale dei due autori, lui medico e lei farmacista, è stato rigorosamente applicato allo studio della cartografia alpina e in questo volume a quella specialistica dei grandi massicci, dal Monviso al Monte Rosa.
Oltre trent’anni di ricerche storiche, decine di testi consultati e cinquecento carte studiate e catalogate, per riconsiderare momenti storici dei territori alpini da un ulteriore punto di vista.
A proposito del Monte Bianco, attraverso le carte e il confronto con relazioni e testimonianze scritte, gli autori dimostrano il “colpo di mano” dell’attribuzione alla Francia della cima più alta delle Alpi. Nel 1728 quando in Savoia iniziò la Mensuration Générale per il catasto di Vittorio Amedeo II, per paura di dover pagare tasse anche su terreni sterili come i ghiacciai, gli abitanti di Chamonix non rivendicarono proprietà sul Monte Bianco, che risultò appartenente tutto a Courmayeur. Il valore delle cose, si sa, cambia nel tempo e sebbene la carta allegata al Trattato di cessione della Savoia alla Francia del 1862, dimostri che la sommità è italo – francese, come hanno scoperto gli Aliprandi, nel 1865 il francese Joseph Mieulet disegnò una carta nella quale la sommità del Monte Bianco risulta tutta francese, facendo arbitrariamente fare al confine di stato una strana deviazione dalla cresta spartiacque. Un vero colpo di mano!
Non ci furono repliche ufficiali da parte del governo italiano, ma la cartografia italiana non riconobbe mai i confini proposti dalla carta del Mieulet, che venne tuttavia recepita a livello internazionale. Il problema, come sostengono gli autori, può sembrare puramente teorico, ma nel contesto glaciologico attuale, in cui le riserve d’acqua diventano preziose, potrebbe essere importante avere confini definiti e soprattutto concordanti sulle carte geografiche italiane e francesi.
Tante altre storie raccontano gli Aliprandi, di viaggiatori, mercanti e pellegrini e infine delle migrazioni walser interpretate attraverso la cartografia antica. E accanto al testo, sempre preciso e avvincente, le perfette riproduzioni delle carte, molte delle quali, per il disegno e i cartigli, sono delle vere opere d’arte.