Si inaugura martedì 10 agosto, ore 18, nella Sala delle Guide di Breuil-Cervinia, la mostra fotografica con una quarantina di immagini, rigorosamente in bianco e nero vista la datazione, dedicata agli scatti di Padre Alberto Maria De Agostini, uno dei massimi esploratori italiani che attraverso la sua opera di missionario ha realizzato studi di alto livello culturale.
Una parte di questa esposizione è allestita fino a domenica 8 agosto al Centro Congressi di Valtournenche per la XIIIª edizione del Cervino Cinemountain – Festival Internazionale del Cinema di Montagna, dove però erano visibili una quindicina di opere.
Si tratta di immagini di rara bellezza e testimoniano le grandi doti professionali di “Padre Patagonia” – così venne soprannominato Alberto Maria De Agostini dalle popolazioni dell’Argentina e del Cile ancora oggi ricordano don Alberto Maria De Agostini, missionario ed esploratore di quella vecchia scuola che non attendeva incarichi ufficiali e congrui mezzi per avventurarsi la dove nessun uomo era mai giunto.
Fu nel gennaio del 1910 che in quelle terre così ostili pose il piede per la prima volta. Don Alberto Maria si interessò tanto alle Ande e ai paesi andini. Aveva già nel sangue la vocazione dell’esploratore. Negli anni giovanili vagava per la campagna, attento verso le mille meraviglie della natura: cercava erbe rare, frammenti morenici (cosi caratteristici in certe zone del Piemonte), conchiglie fossili e tutte le manifestazioni della natura.
Le sue esplorazioni naturalistiche si estesero alla Valle d’Aosta. Fece ricerche e studi minuti, faceva, per cosi dire, un prezioso allenamento, anticipava, in patria, la sua vita di esploratore fra le Alpi.Forse non immaginava che un giorno ne avrebbe condotte con sè, per conquiste di cui si sarebbe parlato in tutto il mondo. Della Valtournanche e dalla Valsesia, alle Ande, alle vette della Terra del Fuoco, del Sarmiento e del Payne.
Mentre si dava con abnegazione ai suoi doveri religiosi, trovava cento cose nuove su cui applicare la mente, quella sua mente acuta di naturalista, di geografo e topografo, di alpinista, di appassionato della natura e della montagna in particolare. Il degno allievo di don Bosco, il sacerdote, era anche un sagace viaggiatore, nel miglior senso del termine.
La sua missione per altro era la conquista dell’uomo, di quell’uomo primitivo che sopraffatto e incatenato dai pregiudizi e dalla inciviltà di dominatori poco scrupolosi, da secoli vegetava, non viveva, in quelle terre inospitali, fra mille privazioni e senza la luce della religione, intesa davvero come mezzo di elevazione. La mostra rimarrà aperta fino al 26 settembre 2010.
Orario al pubblico: 9-12 e 15-18,30 – Ingresso libero