Grandi pacche sulle spalle, strette di mano da far male, allegria ed entusiasmo inimmaginabili. E’ arrivato Erwin e tutto comincia a girare intorno a lui. La Cina, la Russia sono i suoi territori di oggi, anche se i più lo ricordano come il mitico “Cavallo Pazzo” della Valanga, l’atleta che ha saputo buttare al vento medaglie e vittorie seguendo esclusivamente la guida del proprio spirito indipendente. La prima volta che sono andato a sciare in Cina con lui è stata memorabile, otto ore di taxi da Beijing verso la Mongolia Interna, completamente persi in un dedalo di strade senza senso, in balia di due tassisti (?) che non sapevano leggere nemmeno il cantonese. Ricordo ad un tratto un enorme autotreno blu che svolta improvvisamente a sinistra e un balzo fulmineo di Erwin dal sedile posteriore che riesce a girare il volante di fronte all’attonito guidatore, appena in tempo per evitare una collisione fatale. Passano le ore, è notte, ma di neve nemmeno l’ombra. Ci vogliono scaricare in un’enorme città buia e sporca in quello che dovrebbe essere un hotel. Ma Erwin non ci sta, prende letteralmente per la collottola il minuto tassista, lo rimette al volante e imprecando in tedesco e italiano lo convince a portarci su, fino a bordo pista. Scendiamo dalla scassatissima VW Jetta e, come per miracolo, la neve è li, reale, bianca e solo allora, soddisfatti, possiamo rientrare all’albergo. Ricordo ad Harbin, con -30 di temperatura, Erwin che ci riempie a forza la bocca di grappa dalla sua borraccia tirolese mentre visitiamo le meraviglie dello Snow & Ice Festival. Ho tanti flash in mente di questo vulcanico personaggio, per alcuni sicuramente “ingombrante”: Erwin con il presidente della Federazione Russa di sci in un sauna di Sauze d’Oulx, Erwin che racconta barzellette hard in un maso di Senales mentre tutti schiattano dal ridere, Erwin che ti scorrazza sulla sua Mercedes a velocità folli nelle valli altoatesine bloccandoti sul tuo sedile in franata con la forza del suo braccio destro, Erwin che dice a me, uomo della carta stampata ma con idee innovative, che non capisco un c…o, che devo guardare al futuro della comunicazione, che devo crescere e cambiare mentalità. Oggi che non c’è più, ripenso attentamente a ciò che diceva e pensava e in mezzo al gran polverone che è sempre stato in grado di sollevare ovunque andava, sono sempre più convinto che aveva ragione, che se non ci fosse stato lui a “fare casino” in questo jurassic park dello sci saremmo ancora fermi ben indietro lungo la strada. In tanti, qualche anno fa’, gli abbiamo voluto fare un regalo, una sorta di omaggio alla carriera: una splendida Fort T perfettamente funzionante che lo ha fatto piangere come un bambino, ed è stato bello condividere con lui quei momenti. Si potrebbe andare avanti per ore, perché di cose “Erwino” (come lo chiamava Marc Girardelli) ne ha fatte davvero tante e tutte con clamore. E adesso? Beh, un altro come lui non c’è e non ci sarà. C’è solo da sperare che i semi di innovazione che ha gettato in questi decenni attecchiscano e siano coltivati da chi segue e sarà in grado di capire e apprezzare. Chuss, Erwin.
Alfredo Tradati