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I Walser, non solo precursori di un Europa delle regioni, non solo iniziatori della viabilità alpina, (Passo del Sempione, Passo del Gran San Bernardo, etc.), ma anche esempio di tolleranza e convivenza da imitare.

Nonostante ancora qualche anno fa circolasse una strana teoria che attribuiva ai Walser l’improbabile qualifica di “pastori con la lancia” venuti dalle montagne a rubare con la violenza i pascoli agli alpigiani locali, alcune pergamene e documenti cartacei  del ‘400 e ‘500, conservati nell’Archivio Borromeo all’Isola Bella, testimoniano l’esatto contrario, in quei documenti è raccontata la storia di un’enclave, sottratta a lungo ai Walser, all’interno del territorio di Macugnaga:gli Alpi di Pedriola, Crosa e Rosareccio, sotto il Pizzo Bianco, i cui pascoli raggiungono le falde dei ghiacciai delle Loccie del Monte Rosa  e di Macugnaga, appartenevano da epoca immemorabile a privati possessori di Civola (San Carlo) e Calasca, nella bassa Valle Anzasca, che li avevano ricevuti, probabilmente prima dell’arrivo dei Walser, dal monastero di Arona.

Continuando a scorrere il corposo volume “Storia dei Walser dell’Ovest” di Enrico Rizzi, si legge anche che il fenomeno non è per nulla sorprendente ed ha numerosi altri riscontri  nelle Alpi Walser, ad esempio: l’alpe Corciusanel territorio di Nufenen, val di Reno – rimasto sempre in possesso e sfruttato dagli alpigiani di Mesocco; o l’alpe Vanninonel territorio di Formazza– , ancora oggi di proprietà del comune di Premia, che l’acquistò nel XIX secolo dai discendenti dei Rodis; e numerosi altri. Tutti questi casi mostrano come il fenomeno della colonizzazione walser non fu mai occupazione di terre alpestri abbandonate  a sé stesse, come spesso si è pensato , bensì concessione feudale di alpi entro confini ben definiti dai contratti. I coloni rispettarono scrupolosamente i possessi sfruttati da altri alpigiani, nonostante la loro stessa sopravvivenza dipendesse dalla possibilità o meno di usufruire di porzioni anche vaste delle valli nelle quali si erano insediati. Il fenomeno conferma anche il carattere assolutamente pacifico  della colonizzazione operata dai Walser, i quali rispettarono ovunque le terre degli altri, contro ogni loro evidente interesse.

 

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