Al Salone del Gusto di Torino la Valle d’Aosta promuove le eccellenze dell’enogastronomia locale. Cibi tradizionali, rustici, che hanno in sé non solo gusto e nutrimento per il corpo, ma anche la storia e la cultura della regione.
Ovviamente in testa c’è la Fontina, la cui produzione è regolamentata da un rigido disciplinare che la definisce: “formaggio grasso a pasta semicotta, fabbricato con latte intero di vacca appartenente alla razza valdostana (pezzata rossa, pezzata nera, castana), proveniente da una sola mungitura”. Quattrocentomila forme prodotte all’anno e ognuna unica, come ha spiegato Roberto Ronc che ha ricordato come i valdostani diano un nome alle produttrici del latte. Le vacche non sono anonime e neppure le Fontine, con le loro quattrocentomila sfumature di sapore, colore e consistenza. Con il Fromadzo e la Toma di Gressoney, la Fontina vanta la Denominazione di Origine Protetta (DOP).
Per l’occasione, per rinnovare la tradizione e proporre nuovi modi per degustarla, è stata presentata “nature”, come mousse, fusa e raffreddata in sottile strato, e liquefatta nella “fondue”. Non sono però da dimenticare i fratelli “minori”, ma non per questo meno gustosi, dal réblec al salignoun, dalle tome di capra al séras in un universo di sapori derivanti dalle erbe che profumano i pascoli della Vallée.
A sottolineare la sensibilità della Valle d’Aosta per la valorizzazione delle eccellenze italiane e in particolare di quelle agroalimentari di montagna, a Saint Vincent dal 27 al 29 novembre sarà assegnata la “Grolla d’oro – formaggio d’autore” al miglior formaggio d’Italia (per saperne di più).
Tra i salumi sono state presentate le due eccellenze: il Jambon de Bosse, ottimo con fettine di mele renette (altra produzione locale) e il Lardo di Arnad, da gustare con le castagne bollite e addolcite col miele, entrambe di produzione locale. I sapori si sposano tra di loro, a chilometri zero, consoni al vecchio detto “mogli e buoi dei paesi tuoi”. La norcineria valdostana è però più articolata, con saucisse, boudin e motzetta, da gustare sul posto.
Tra i piatti tradizionali la Seupa Valpellinentze è un esempio della capacità contadina di presentare gli avanzi di pane raffermo in un piatto prelibato con brodo, formaggio e foglie di cavolo.
Da non dimenticare la produzione locale di carne, limitata ma di qualità.
E ad accompagnare i cibi i vini prodotti in loco, pluripremiati a concorsi nazionali, prodotti con vitigni autoctoni. Accanto ai DOC (Blanc di Morgex e la Salle, Torrette, Nus, Chambave, Arnad-Montjovet, Donnas, Muscat di Chambave, Malvoisie di Nus e Enfer di Arvier) si profilano nuove eccellenze che arrivano in alto, come i nuovi spumanti dei quattromila metri e soprattutto il Valle d’Aosta Chardonnay Cuvée Bois ’06 Les Crêtes (della casa vinicola di Costantino Charrière) che ha ricevuto da Gambero Rosso e Slow Food il riconoscimento di Vino Bianco dell’Anno nella guida ai Vini d’Italia 2009.
L’accoglienza agrituristica della regione è il miglior coronamento di passeggiate autunnali e un buon modo per conoscere l’enogastronomia valdostana: scoprila in lovevda.it