‘Il gran teatro montano’, così Giovanni Testori definiva il Sacro Monte di Varallo Sesia. Il Sacro Monte è un complesso monumentale formato da 800 statue posto in una grandiosa scenografia, opera di grandi come Gaudenzio Ferrari, Tanzio da Varallo, Francesco Mazzucchelli (il Morazzone) e altri artisti a cavallo tra cinquecento e seicento.
A 16 di queste 45 cappelle, seguendo la narrazione della vita di Cristo, Elisabetta Sgarbi ha dato movimento e parola, utilizzando sapientemente e accuratamente i testi di Eco, Vassalli, Vittorio Sgarbi, Carey, le musiche di Franco Battiato e soprattutto tre poesie inedite di Giovanni Testori, poeta molto legato al Sacro Monte.
Il film, il cui titolo è ‘Non chiederci la parola’ e il cui sottotitolo è appunto la definizione di Testori, rientra in un progetto più vasto che mira a cercare e costruire vie di comunicazione tra cinema, letteratura e arti visive. E’ girato in alta definizione, per consentire allo spettatore di apprezzare pienamente le intermittenze luminose, i tagli di luce, i giochi di specchi che riempiono di vita e di emozioni gli affreschi e le statue. Una rilettura modernissima e poliedrica, a distanza di cinque secoli, di un’opera grandiosa, sicuramente tra i più grandi scenari non naturali che le nostre Alpi possono offrire.
Sarà un’opera che farà discutere per la sua originalità e per le sue ambizioni, la cui visione ci auguriamo non rimanga confinata in circoli ristretti. Non crea barriere, è facilmente avvicinabile e leggibile. E’ una raffinata operazione di ricerca intellettuale che fa molto bene alla montagna. Forse è il caso di smetterla di replicare in ogni borgo i musei dei vecchi mestieri, che invitano a trasformare la montagna in un triste museo. Molto meglio rileggere con attenzione e commozione le grandi cose che la montagna ci ha dato nei momenti del suo splendore, per aiutare a farla rivivere.