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«Io non sono un alpinista – è il sorprendente esordio di Messner di fronte a un pubblico appassionato e numeroso – sono nato montanaro e sono tornato montanaro dopo l’alpinismo». E ancora: «il mio alpinismo leggero ha fallito e ha vinto l’alpinismo della pista, e forse fallirà anche il mio modello di tutela dell’habitat montano». Da tempo infatti Messner si dedica al progetto culturale del “Messner Mountain Museum” a tutela delle culture alpine, progetto che ha presentato e difeso con passione nel corso del dibattito.

Un’analoga passione civile ha dimostrato Sabina Rossa ricordando, insieme a Fasanella, la figura del padre. Guido Rossa scriveva, dopo una spedizione hymalaiana, che servivano «non più spedizioni alpinistiche per vanità, ma spedizioni umanitarie per vaccinare i bambini di quelle terre senza difesa». Così, tra montagna e impegno civile aveva scelto, come la lettera scritta a Bastrenta qualche anno prima dell’attentato testimonia, il secondo: «L’indifferenza, il qualunquismo e l’ambizione che dominano nell’ambiente alpinistico in genere […] sono tra le squallide cose che mi lasciano scendere senza rimpianto la famosa “lizza” della mia stagione alpina». In verità il sindacalista non smise mai di andare in montagna perché, come ripete la figlia, «in montagna si ritrova il segreto di una gioia interiore».

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Alle 16.00 Reinhold Messner ha poi preso parte alla tavola rotonda organizzata in collaborazione con la rappresentanza a Milano della Commissione europea “Ambienti e culture alpine:un patrimonio da salvaguardare”. Coordinati da Lorenzo Scandroglio, hanno dialogato Marco Onida, Segretario Generale della Convenzione delle Alpi, Roberto Santaniello direttore dell’Ufficio di Rappresentanza a Milano della Commissione europea, Gianni Oliva, assessore alla cultura della Regione Piemonte, e  Luigi Zanzi, professore universitario e storico delle Alpi.

Il dibattito è stato vivace, anche perché stimolato dalle domande di un pubblico partecipe al tema della gestione politica della montagna. «Io tento di raccontare i montanari di tutto il mondo – ha esordito Messner – e cerco di rispondere alla domanda su che cosa succede quando un uomo e una montagna si incontrano». A questa domanda hanno risposto in modi diversi i partecipanti al dibattito. Così, se un dialogo è paragonabile a una scalata ha ragione Messner quando chiosa che «una scalata, soprattutto una prima scalata, è come un’opera d’arte di cui non rimane niente ma che comunque resta. Resta come una linea tracciata dentro la nostra memoria a guidarci per il futuro».

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