Nuove voci si levano contro il collegamento tra i comprensori del Monterosa ski e del Cervino (Valtournenche e Zermatt) attraverso il Colle superiore delle Cime Bianche. La questione non è nuova e contro il progetto europeo di collegamento dei comprensori nei mesi scorsi si erano pronunciati lo scorso anno i coniugi Aliprandi, eminenti cartografi, associazioni ambientaliste, da Mountain wilderness a Legambiente, Stefano Unterthiner e Alessandro Gogna che nel suo blog lo scorso aprile scriveva: «L’attuale comprensorio del Monterosa Ski è già invasivo a sufficienza, con piste per tutti i livelli e siamo contrari a un ulteriore allargamento. Vorrebbe solo dire trasformare la valle in un cantiere per parecchie stagioni, con disagi per i residenti e per i turisti, nonché alla fine avere un carosello che darà il colpo definitivo a ciò che di poco compromesso a sud del Monte Rosa è ancora rimasto». Sono però numerose anche le persone pro impianti: gli amministratori dei comuni delle aree interessate dal megacomprensorio e molti residenti. Enrico Ceriani, dottore in scienze forestali, responsabile del progetto europeo del collegamento, afferma: «Per adesso abbiamo dato indicazione della direzionalità della costruzione di questi quattro chilometri di piste e impianti. Ciò che ipotizziamo ha un danno limitato all’ambito paesaggistico, con il tipo di funivia prevista, due tronconi con stazione centrale, e campate lunghe con pochi piloni non sconvolgiamo il territorio. Nessuna strada è prevista e noi stessi abbiamo sottolineato come sia improponibile, proprio per l’impatto ambientale, una pista di sci nella parte più bassa, mentre in alto l’intervento sarebbe comunque limitato con un tracciato non più largo di 20 metri.
Di recente si è evidenziato anche un altro problema: la difesa dell’antica strada medievale emersa anni fa al Colle superiore delle Cime Bianche (a 2.980 metri di quota). Augusta Vittoria Cerutti, geografa e glaciologa di chiara fama si dice preoccupata che il cantiere per il ventilato collegamento funiviario possa distruggere questi resti. «Questa strada deve essere valorizzata, spiegata, perché è forse il più grande resto archeologico della Valle d’Aosta. – asserisce Augusta Vittoria Cerutti – E’ una testimonianza storica non scritta negli archivi, dove ci sono poche tracce della vita civile ed economica, ma sul territorio e in quanto tale deve essere salvata. Ci parla dei traffici che si svolgevano tra il Nord dell’Europa, attraverso il Colle del Teodulo e il Colle superiore delle Cime Bianche e poi la valle d’Ayas verso Ivrea e Torino. Sui dazi e i passaggi a pagamento avevano costruito la loro fortuna gli Challant, che da Aosta avevano accettato di buon grado il trasferimento a Challand imposto dai Savoia, che controllavano i traffici tra Piccolo e Gran San Bernardo. Questa via commerciale fu attiva nell’Optimum climatico medievale, all’incirca tra 800 e 1.550 d.C. quando le temperature erano più alte delle attuali. Dopo ci fu il periodo freddo della piccola glaciazione, che durò circa trecento anni, fino all’incirca al 1.850. I ghiacciai che avevano ricoperto la mulattiera si ritirarono nuovamente, lasciando però una muraglia morenica che in parte ricopre tuttora i resti».
Di questo reperto archeologico si era già occupata la Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta (Bollettino numero 5 del 2008), che aveva ordinato un sopralluogo al Colle superiore delle Cime Bianche in vista della costruzione di un bacino artificiale a servizio del comprensorio sciistico di Cime Bianche. Nella relazione si legge che il tratto di strada è situato «poche decine di metri a Sud del colle stesso, in territorio del comune di Ayas, e consiste in un tracciato Nord/Sud-ovest di lastre litiche lungo circa una trentina di metri e largo in media 80 – 90 cm». Più avanti la relazione continua con: «Il lacerto di strada conservato al Colle Nord è dunque di straordinaria importanza per ricostruire un asse viario che fino almeno al XVII secolo, era considerato (come dimostra la cartografia storica) uno dei naturali passaggi di uomini, merci e animali dalla Valle d’Aosta alla Svizzera e viceversa».
Purtroppo, dopo la costruzione del bacino artificiale, il selciato è stato danneggiato in alcuni punti come segnala la guida escursionistica naturalistica Gian Mario Navillod, che esibendo foto del 2006 e del 2014 afferma: «Avrei dovuto proporre un progetto europeo alle scuole di Valtournenche ed Ayas, avremmo coinvolto le autorità svizzere, fatto una bella gita in loco, recintato l’area archeologica e posato dei bei cartelli per spiegare ai turisti e ai conduttori dei mezzi meccanici l’importanza del sito». Per farlo sembra ci sia ancora tempo, visto che il progetto di collegamento tra Alagna e Zermatt è al momento solo a livello di pianificazione a grande scala. «Quando verrà sviluppato in dettaglio il progetto della stazione a monte si dovrà tener conto di questi reperti e la loro salvaguardia è obbligo di legge. Sarà compito dell’ente erogatore del progetto verificare la compatibilità dello stesso a livello ambientale e archeologico», conclude Enrico Ceriani.
foto Gian Mario Navillod