La morte di Claudio Abbado ha lasciato un grande vuoto e un grande eco, di lui hanno scritto illustri giornalisti e di lui hanno raccontato i più bei nomi della cultura e della musica, così Zubin Mehta: “ non ha eredi, ogni direttore ha una sua personalità diversa”. Daniel Barenboim: “ Era uno dei più gradi musicisti degli ultimi cinquant’anni e uno dei pochissimi ad avere rapporti stretti con lo spirito della musica attraverso tutti i suoi generi”. Riccardo Chailly: “ Per tutti noi italiani è stato un punto di riferimento capace di rappresentare nel mondo il meglio della nostra tradizione”. Giorgio Napolitano: “ la sua scomparsa è motivo di forte commozione e dolore per me e profondo cordoglio per l’Italia e per la cultura”.
Ciascuno ricordandolo ha sottolineato lo stile aristocratico e luminoso, l’eleganza italiana e la profondità mitteleuropea, ma anche la sua umanità. Don Giovanni Nicolini, che gli è stato vicino negli ultimi tempi, sosteneva che “ era povero, perché per lui la vita non era possesso, ma ricerca”. Era il contrario del divo, per lui dirigere un orchestra significava “zusammenmusizieren – far musica insieme” e tra le sue passioni c’erano il Milan, i tortelli di zucca, le piante e … Macugnaga.
A raccontarlo Angiola Ceretti, dinamica e gentile frequentatrice della “perla del Rosa” e grande amica della famiglia Abbado. "Negli anni ’70, dice la signora Angiola, nella piccola frazione di Isella, si era formato un piccolo clan di amanti della bella musica a di Macugnaga, lì, tutti i fine settimana io e Vittorio, mio marito, salivamo da Milano e portavamo in macchina anche i genitori di Claudio Abbado, Michelangelo e Maria Carmela, che non guidavano. A Isella essi alloggiavano davanti alla chiesa, dove abitava Carlo Pestalozza, marito di Luciana Abbado, loro figlia e sorella di Claudio, il quale per circa 35 anni ha frequentato la nostra compagnia, poi è diventato il grande direttore che tutti conosciamo e ha cominciato a girare il mondo, da Vienna a Salisburgo, da Berlino a Lucerna, così l’abbiamo un po’ perso, ma tra di noi è rimasto famoso il ‘battesimo’ che la famiglia Abbado fece di una parte della strada della valle Anzasca, quella iniziale, caratterizzata da due profonde curve identiche, entrambe culminanti con una piccola cascata. In quel periodo Michelangelo Abbado, violinista, lavorava ad un pezzo di Bach, la Ciaccona, che comincia con due motivi identici. Passando davanti alle due cascatelle uguali rimase colpito da quella curiosa ripetizione e cominciò a chiamarle “La Ciaccona”. Da allora tutti noi se stiamo percorrendo la valle e qualche famigliare vuole sapere dove ci troviamo, il riferimento sono sempre quelle due curve, per cui o siamo prima della Ciaccona e l’abbiamo appena superata, comunque da allora La Ciaccona e Abbado fanno parte viva della nostra valle Anzasca".