Una prima invernale sulle montagne di casa. Che si possa ancora vivere la grande avventura sulle Alpi lo hanno dimostrato due giovani valdostani, Loris Rigollet, aspirante guida della Compagnie de la Valpelline e du Grand-Saint-Bernard, e Patrick Rollin di Doues che la scorsa settimana hanno messo a segno la prima invernale della traversata integrale della Catena del Morion in alta Valpelline. La prima traversata fu effettuata dal 2 al 3 settembre 1943 da Alessandro Miotti e Toni Gobbi, ma non era ancora stata compiuta, per quanto se ne è a conoscenza, in inverno.
La Catena del Morion, frequentata ed esplorata tra Ottocento e Novecento dal fior fiore degli alpinisti inglesi e valdostani, da George Alfred Topham all’Abbé Henry, da Renato Chabod a Amilcare Crétier e Lino Binel, divide la Valle di Ollomont da quella di Bionaz, innalzandosi in numerosi picchi dedicati agli alpinisti che li scalarono. Loris Rigollet e Patrick Rollin mercoledì 29 febbraio pomeriggio sono partiti da Bionaz con gli sci e hanno raggiunto il bivacco Spataro, dove hanno pernottato. Con loro a supporto logistico c’era Innocenzo Petey. Giovedì mattina prima dell’alba hanno raggiunto sempre con gli sci il Colle del Mont Gelé da cui comincia la traversata alpinistica vera e propria. Lasciati gli sci alle cure dell’amico Innocenzo, hanno percorso il primo tratto della cresta, quello tecnicamente più difficile, rivelatosi però meno pericoloso per la qualità della roccia e le condizioni di innevamento. La sera hanno bivaccato in prossimità della Punta Binel e venerdì 2 marzo hanno completato la traversata fino al Colle Berrio, scendendo poi sul versante Valpelline dove sono arrivati verso le 19.
«Abbiamo incontrato più difficoltà nella parte teoricamente più facile – racconta Loris Rigollet – in cresta c’erano spesso cumuli di neve in cui si sprofondava e più volte abbiamo dovuto portarci in parete, su rocce spesso instabili. La salita è stata effettuata con pochissimo materiale, lo stretto necessario sia come chiodi, nuts e friends, sia come materiale per il bivacco, e nonostante le alte temperature di giorno, abbiamo sentito il freddo di notte. Il materiale era così misurato che alla fine abbiamo dovuto sacrificare un cordino di kevlar, con cui recuperavamo la corda per le calate in doppia, per approntare degli ancoraggi. Anche la discesa su Valpelline dal vallone del Breuson è stata faticosa per la neve alta e molle in cui si sprofondava.»
Patrick Rollin inseguiva da tempo l’idea della traversata invernale: «Avevo già fatto un tentativo in passato, poi ci siamo ritrovati Loris e io con lo stesso progetto e approfittando delle condizioni meteo lo abbiamo portato a termine.» Questa nuova realizzazione ben si inserisce nella riscoperta di montagne, magari meno blasonate dei quattromila, ma di cui mancano tuttora ripetizioni, solitarie e invernali.