Himalaya, Ande, Alpi a confronto: il punto di vista di un alpinista è il titolo della conferenza che Hervé Barmasse terrà venerdì prossimo 21 gennaio alle 21 ad Aosta, al Palazzo Regionale. La conferenza, inserita nel ciclo della Saison Culturelle, si avvale della collaborazione scientifica della sezione valdostana dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia.
Hervé Barmasse, maestro di sci e guida alpina, istruttore nazionale delle guide e allenatore federale di sci, delle tre catene montuose ha una vasta conoscenza diretta. Nonostante la giovane età le ha già visitate ripetutamente, spesso percorrendo itinerari poco battuti e talvolta non ancora esplorati. Le pareti e le montagne, che la gente vede abitualmente come una barriera o un ostacolo, diventano per Hervé Barmasse uno strumento d’identità e di riconoscimento. Questo è il punto di vista che il noto scalatore valdostano cercherà di sviluppare nella conferenza. Le montagne non sono solo limiti da superare, ma anche territori e popolazioni da incontrare nel rispetto di un rapporto con gli altri, siano essi il compagno di cordata o l’abitante di una determinata regione del mondo, rapporto che è alla base dell’etica e della pratica dell’alpinista.
La carriera di Hervé inizia ovviamente sulle Alpi, seguendo le orme di papà, nonno e bisnonno. Sul Cervino apre vie nuove e ripete quelle più prestigiose, talvolta in invernale e in solitaria. Fin da bambino però ha sentito i racconti di terre e montagne lontane: la Patagonia, il K2… e nell’autunno del 2000, a ventitré anni, partecipa alla sua prima spedizione in Himalaya, sul Cho Oyu, tentandone la discesa in snowboard. Non ci riesce, ma si apre un mondo di emozioni, a contatto di culture e montagne diverse e da allora alterna l’attività sulle Alpi valdostane e le montagne extraeuropee, sempre alla ricerca di nuovi itinerari, di pareti e montagne inesplorate.
Nel 2004 è in Pakistan dove apre una nuova via di mille metri di sviluppo sullo Scudo del Chogolisa e un’altra sullo Sheep Peak. L’anno dopo è ancora nel Karakorum del Pakistan dove apre nuove vie sulla costiera del Faerol Peak e ancora dello Scudo del Chogolisa. L’incontro con le Ande patagoniche avviene l’anno successivo. Nel 2006 ottiene il primo successo aprendo un nuovo itinerario sul versante Nord del Cerro San Lorenzo. Nei due inverni successivi si dedica con ostinazione alla parete Sud – Ovest del Cerro Piergiorgio, mille metri di granito verticale che rappresentano uno dei “problemi” aperti della regione patagonica. La salita è completata nel febbraio 2008 con Christian Brenna. Nell’estate precedente aveva portato a termine due exploit sul Cervino con le solitarie della direttissima della Sud e dello “Spigolo dei Fiori”.
Nell’estate del 2008 è ancora in Pakistan nella regione Hunza e con Simone Moro porta a termine la prima ascensione e in stile alpino del Bekka Brakai Chhok di quasi settemila metri, e a settembre dello stesso anno è nell’area del Muztagh – Ata, nel cosiddetto “Pamir cinese”, dove scala con un cliente in prima ascensione una vetta inviolata di 6250 metri.
Nell’inverno successivo ritorna in Patagonia con l’obiettivo del Cerro Riso Patron. Si dovrà accontentare della traversata dello Hielo Continental Sur, il terzo ghiacciaio più esteso del mondo. Dopo un tentativo di una via nuova sul Cho – Oyu, fallito per l’improvvisa chiusura delle frontiere cinesi, nei primi mesi del 2010 è ancora in Pakistan nella regione Hunza con una spedizione il cui obiettivo non è solo alpinistico, ma anche didattico, con un corso per portatori d’alta quota aperto a uomini e donne. Sul finire dell’inverno sul Cervino, in cordata con papà Marco porta a termine l’ascensione del "Couloir" che dall’Enjambée, precipita per 1200 metri verso la base della parete Sud del Cervino.
La scorsa estate infine è la volta di un’ardita spedizione esplorativa sul versante Nord del Gasherbrum I: i problemi burocratici e organizzativi sono ostacoli insormontabili, ma riesce comunque a portare a termine la prima ascensione su un picco di 6300 metri. E se la vetta talvolta si nega, l’interesse dell’alpinista Barmasse va oltre; il suo sguardo indaga tra le rughe dei contadini e dei portatori, tra i visi dei bambini, cercando la conoscenza e il confronto con gli altri.