Se si eccettuano le terre dei Grigioni, i Walser non furono granché colpiti dallo scisma che nel secolo XVI spaccò l’Europa sul piano religioso. Per quanto fossero vicini al teatro di quei tragici eventi e parlassero la lingua dei riformatori, essi rimasero quasi tutti fedeli all’insegnamento tradizionale. Anzitutto la stessa posizione geografica delle colonie, sperdute in valli selvagge e poco accessibili li premunì dal contagio. In secondo luogo la Chiesa aveva sempre riscosso il rispetto e l’amore di quelle genti semplici. Ma la ragione fondamentale della loro fedeltà al Cattolicesimo è da ricercarsi nel fatto che quasi dappertutto le potenze da cui dipendevano erano cattoliche: Savoia, Milano, Austria.
La tempesta della riforma scosse invece fortemente il vicino Vallese, dove gli eventi presero un corso singolare: solo dopo decenni di lotte esasperate il paese decise per la fedeltà alla fede a vita; il merito principale va ascritto alla risolutezza degli abitanti del Goms, i vicini di Formazza, e all’aiuto dei cinque Cantoni, specialmente quello di Lucerna. Ma appena al di là della valle del Rodano, oltre il passo della Grimsel, l’eresia aveva conquistato il grosso cantone di Berna, con il quale i formazzini erano in regolare rapporto di commercio e che distava da Formazza neppure un giorno di cammino. Di questo stato di cose e della gravità della situazione erano perfettamente al corrente i vescovi di Novara, che non tardarono a correre ai ripari.
Già nel 1576 il Sinodo Archinto stabilisce che gli emigranti, anche se si allontanano per ragioni di lavoro, partano con la licenza del vescovo, se vanno in paesi inquinati da eresia e al ritorno gli riportino un attestato di aver tenuto una condotta cattolica. Nel 1596 il vescovo Bescapè, a rigida interpretazione dei precetti del Concilio di Trento, emanò l' "Editto contra il commercio de gli eretici”: esso doveva essere il “muro” di difesa contro la propaganda e l’infiltrazione protestante.
da "I Walser" di Renzo Mortarotti