A Cervinia Paolo Cerretelli, presidente onorario della Società Italiana di Medicina di Montagna, festeggia i 50 anni di ricerca in alta quota con la commemorazione della spedizione Monzino al Kanjut Sar (7760 m).
Giovane neolaureato era stato invitato dal suo mentore, Rodolfo Margaria, uno dei padri della fisiologia italiana, a esaminare le guide della spedizione “Karakorum 1959” organizzata da Guido Monzino. Il cinquantenario della spedizione è stato ricordato martedì 28 luglio al Cervino Cine Mountain con la proiezione del film “Kanjut Sar”, restaurato dal Fai, presenti alcuni dei protagonisti. Per Paolo Cerretelli è stato anche l’anniversario dei suoi primi studi sulla ventilazione polmonare nell’acclimatazione all’alta quota.
La pellicola firmata da Guido Guerrasio, ma girata sul campo dall’accademico Piero Nava, ha restituito i giovani volti di Paolo Cerretelli, intento a catalogare e imballare farmaci, di Piero Nava, sottoposto a studi di elettrofisiologia muscolare, delle guide di Valtournenche Pierino Pession e Leonardo Carrel, presenti in sala, di Jean Bich, di Camillotto Pellissier che conquistò la vetta da solo, Lino Tamone, Pacifico Pession, Marcello Carrel e del capo spedizione Guido Monzino.
Circondato dai compagni di spedizione, Paolo Cerretelli ha ricordato: «Non ero assolutamente esperto di montagna e il primo impatto fu un test con le maschere per l’ossigeno in cima al Breithorn, la mia prima volta su un quattromila. Per tornare al Plateau Rosa con gli sci, Pierino Pession e Naido Carrel mi presero uno da una parte e uno dall’altra e mi guidarono in una discesa che non dimenticherò mai». Come medico e fisiologo aveva svolto in spedizione anche il compito di ufficiale pagatore oltre a custodire alcuni segreti: «Nelle casse numerate dal 5 al 14, con su la croce rossa dei medicinali, non c’erano flaconi di acqua distillata, ma barilotti di Chianti». Meno allenato delle guide di Valtournenche che lo prendevano bonariamente in giro un giorno si prese la rivincita: «Dopo una lunga marcia, invece di essere il più stanco riuscii a stupire tutti. Avevo bevuto un mezzo flacone di soluzione di caffeina e avevo superato la fatica».
Cerretelli ha ancora ricordato che era stato l’accademico Piero Ghiglione a consigliargli di portare molti farmaci, perché gli sarebbero stati utili per i portatori. Infatti ogni sera i portatori in fila richiedevano assistenza medica che veniva somministrata sotto forma di iniezioni di vitamina C, poco più che un placebo ma molto dolorose. La spedizione fu purtroppo funestata dalla morte di un portatore «Dopo averlo curato con l’ossigeno, di cui avevamo numerose bombole, per un grave mal di montagna, tre giorni dopo morì improvvisamente. Aveva avuto una tromboflebite post traumatica e si trattò verosimilmente di un’embolia polmonare».
I presenti hanno infine ricordato con commozione Camillotto Pellissier che concluse l’ascensione da solo, essendosi all’ultimo sentito poco bene persino il capo guida Jean Bich, e riuscì a filmare la vetta con la piccozza e le bandiere italiana e valdostana.